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venerdì 29 giugno 2012

Now is the time for China's KFC customers to make change | Greenpeace East Asia

Now is the time for China's KFC customers to make change | Greenpeace East Asia

INFORMAZIONE LIBERA Monti e i partiti: giù le mani dall'informazione!

Pubblicato il: 22 Maggio 2012
In queste ore i poteri forti e i partiti stanno lavorando dietro le quinte per mettere i loro uomini di fiducia nelle posizioni di controllo dell'informazione pubblica. Ma il vento sta cambiando e se agiremo ora potremo liberare i nostri canali d'informazione dalla loro influenza.

Da domani cominceranno le nomine dei vertici della Rai, dell'Autorità per le Comunicazioni e di quella per la Privacy. Non essendoci alcun bando pubblico, finora sono sempre stati i politici e le potenti aziende dei media a spartirsi queste nomine chiave. Ma ora la pressione per ottenere trasparenza sta crescendo: migliaia di cittadini hanno chiesto un cambio di rotta, e anche l'ONU ha sollecitato il governo a intervenire. E' la migliore opportunità che abbiamo per fermare il loro controllo sulla nostra informazione.

E' giunto il momento che l'informazione sia al servizio dell'interesse pubblico e non di quello dei poteri forti. Costruiamo un appello enorme al Presidente Monti e ai Presidenti di Camera e Senato perché introducano un bando pubblico e trasparente per queste nomine. Se raggiungeremo 100.000 firme le consegneremo ai parlamentari proprio prima del voto! Firma la petizione e fai il passaparola con tutti.

http://www.avaaz.org/it/italia_gia_le_mani_dallinformazione_trasparenza_ora/?copy

Lo scioglimento dell'Artico

Il ghiaccio artico da cui tutti dipendiamo sta scomparendo. Velocemente. Negli ultimi 30 anni, abbiamo perso tre quarti della calotta di ghiaccio che galleggia in cima al mondo. Per salvare l'Artico dobbiamo agire oggi.

Negli ultimi 30 anni, abbiamo perso tre quarti della calotta di ghiaccio che galleggia in cima al mondo. Per oltre 800 mila anni, il ghiaccio è stata una caratteristica costante del Mar Glaciale Artico. Si sta sciogliendo a causa del nostro uso di energia sporca da fonti fossili, e in un prossimo futuro potrebbe essere privo di ghiaccio per la prima volta da quando gli esseri umani sono sulla Terra. Questo sarebbe devastante non solo per le persone, gli orsi polari, i narvali, i trichechi e altre specie che vi abitano - ma per tutti noi. Il ghiaccio in cima al mondo riflette nello spazio molto del calore del sole, contribuendo così a raffreddare il nostro pianeta, stabilizzando il clima da cui dipendiamo per le coltivare il nostro cibo. Proteggere il ghiaccio significa proteggere tutti noi.

Perforazioni petrolifere

Una nuova corsa al petrolio nell'Artico sta per cominciare. Shell, BP, Exxon, Gazprom e gli altri sono pronti a correre il rischio di una devastante fuoriuscita di petrolio nelle acque dell'Artico per sfruttare riserve che valgono tre anni di consumi globali di petrolio.

Le stesse aziende dell'energia sporca che per prime hanno causato lo scioglimento dei ghiacci artici ora stanno cercando di trarre profitto da quel disastro. Vogliono aprire la nuova frontiera dell'oro nero per raggiungere un potenziale di 90 miliardi di barili di petrolio. Questo vuol dire un sacco di soldi per loro, ma equivale a soli tre anni di consumi petroliferi per il pianeta. Documenti governativi sin qui segreti dicono che contenere fuoriuscite di petrolio nelle acque del Polo è "quasi impossibile" ed ogni errore si rivelerebbe potenzialmente fatale per il fragile ecosistema artico. Per trivellare nella regione artica, le compagnie petrolifere devono trascinare gli iceberg lontano dai loro impianti e utilizzare enormi tubi idraulici per sciogliere il ghiaccio galleggiante con acqua calda. Se li lasciamo fare, una catastrofica fuoriuscita di petrolio è solo una questione di tempo. Abbiamo visto i danni terribili causati dai disastri della Exxon Valdez e della Deepwater Horizon - Non possiamo lasciare che ciò accada nell'Artico.
Dobbiamo istituire un divieto di trivellazioni petrolifere nelle acque artiche. Firma ora

Tu / la Bandiera

Non c'è alcun governo o esercito per proteggere l'Artico, solo Paesi e aziende che cercano di farlo a pezzi. Aiutaci a piantare una bandiera per il futuro del Polo Nord.

Ma l'Artico è la frontiera più avanzata del riscaldamento globale - che in quell'area raggiunge trend doppiamente veloci rispetto al resto del Pianeta. E'anche la nuova frontiera dell'industria petrolifera - uno dei combustibili sporchi e morti, primi responsabili dello scioglimento dei ghiacci. Fermando la nuova corsa al petrolio nell'Artico, stiamo creando le condizioni per un cambiamento radicale nel modo in cui ci approvvigioniamo di energia, accelerando la rivoluzione energetica pulita che alimenterà il futuro dei nostri figli.

Sappiamo che stiamo andando contro i Paesi e le aziende più potenti del mondo.

Ma uniti abbiamo qualcosa di più forte dell'esercito di qualsiasi Paese o del capitale di qualsiasi azienda. La nostra preoccupazione condivisa per il Pianeta che lasceremo ai nostri figli supera tutti i confini che ci dividono e ci rende - insieme - la forza più potente oggi.

Per questo motivo stiamo portando il tuo nome - insieme a un altro milione di nomi- al Polo Nord con la Bandiera per il Futuro disegnata da giovani di tutto il mondo. La bandiera mostrerà che la nostra visione di un pianeta verde, sano e pacifico dipende dall'Artico protetto da tutti noi.

Ma la bandiera è solo un simbolo. Porteremo la tua richiesta a ogni leader politico del mondo affinchè prenda posizione sull'Artico. Insieme faremo crescere il nostro movimento e chiederemo alle Nazioni Unite un accordo globale per proteggere l'Artico.

articolo tratto da Saveartic-greenpeace
http://www.savethearctic.org/it/

martedì 19 giugno 2012

LA DIREZIONE DA PRENDERE ???...Owned & Operated

LA SVENDITA PROGRAMMATA DELLE SOVRANITA' - Gennaro Zezza



La svendita programmata delle sovranità nazionali è iniziata molto tempo fa. Già nei primi anni '90 gli economisti sapevano che la creazione di una moneta comune slegata da una politica fiscale complementare e senza una banca centrale che potesse sopperire all'impossibilità di giocare con i tassi di cambio, innesacando una svalutazione competitiva, avrebbe condotto a una crisi la cui unica soluzione contemplava la cessione totale delle prerogative dei popoli, ovvero la loro autonomia e indipendenza rispetto alle politiche macroeconomiche.

Un progetto che avrebbe consentito alla Germania di avvantaggiarsi sul piano delle esportazioni verso i paesi meno forti, ai quali non sarebbe rimasta che la diminuzione dei salari per riequilibrare il deficit. Ma anche e soprattutto un progetto che, attraverso la crisi, doveva risolversi con l'imposizione di una unione europea totale sul piano politico, costringendo i cittadini privati di ogni altra possibilità residua a rinunciare all'atto costitutivo più importante che uno Stato conosca: le loro costituzioni nazionali. Quando uno Stato rinuncia alla propria sovranità sulle politiche monetarie, diventa automaticamente una regione, nella migliore delle ipotesi, o peggio: una colonia, con la sola autonomia decisionale residua, rispetto al potere centrale, di stabilire con quale frequenza tagliare le aiuole.

LA SVENDITA PROGRAMMATA
DELLE SOVRANITA' NAZIONALI GENNARO ZEZZA: Come il neoliberismo ha prodotto una crisi prevista decenni fa

IL MODELLO NEOLIBERISTA

Ora, a mio avviso, alle origini della crisi che viviamo oggi, c'è una crisi di un modello specifico di capitalismo che, per semplicità, possiamo chiamare "neoliberismo", che si è presentato non come - ovviamente - una dottrina, perché arricchisce alcuni a danno degli altri, ma come un insieme di teorie economiche che suggerivano una strada per un benessere diffuso. E in particolare, a partire dagli anni '80, prima con la Thatcher e poi con Reagan, è iniziato a passare un messaggio che andava nella direzione opposta del messaggio precedente, diciamo, che ha visto nei decenni precedenti crescere quello che chiamavano il welfare state, cioè i sistemi pensionistici e sanitari pubblici diffusi e che ha visto crescere il benessere, perlomeno nella parte occidentale del mondo. C'è stata una reazione a tutto questo, che ha avuto un consenso elettorale, basata sull'idea che si riducono le tasse che sono troppo alte, poi si libereranno più risorse per gli investimenti: gl imprenditori potranno creare nuove imprese, creare occupazione e tutti ne avranno dei benefici. Parallelamente, dopo la crisi degli anni '30, erano state imposte una serie di regole molto stringenti sul sistema bancario, che evitavano le speculazioni, e si sono convinti, i politici come l'elettorato, del fatto che eliminando tutti questi vincoli, le banche avrebbero funzionato meglio, avrebbero distribuito meglio le risorse dei piccoli risparmiatori alle imprese più promettenti e avremmo avuto più benessere. E infine che nel settore pubblico, di fatto gestito a fini elettorali, a fini privati, c'è la corruzione, e quindi c'è uno spreco di risorse quando è il settore pubblico a gestire l'economia, mentre se privatizziamo la logica del profitto motiva di più l'organizzazione e anche qui avremmo avuto un forte aumento di benessere. E questo è quello che poi è accaduto, cioè queste sono state le politiche messe in piedi dai governi prima inglese e poi americano, e poi, in modo più o meno diverso, anche nei paesi europei.

Le conseguenze oggi le conosciamo, ed erano ipotizzabili anche da prima. E in particolare la redistribuzione del reddito, sì, ha fatto crescere gli investimenti - abbiamo avuto quella cosiddetta new economy che ha fatto esplodere le aziende legate a internet e così via - ma questa crescita degli investimenti è stata effimera. Sicuramente non ha creato un aumento dell'occupazione e del benessere generalizzato, ma ha concentrato l'aumento del benessere in un piccolo gruppo sociale. L'eliminazione dei controlli sulle banche, invece di portare a una migliore distribuzione del rischio, ha consentito alle banche di adottare dei nuovi modelli di comportamento in cui riuscivano a scaricarsi del rischio di un prestito su soggetti terzi, con comportamenti che erano al limite della frode, quando non erano delle vere e proprie frodi. E quindi ha portato a instabilità finanziaria. E infine la privatizzazione della gestione dei beni pubblici è un qualcosa di discutibile: su questo non so se ci sono degli studi definitivi, che mostrano che il successo che si auspicavano i neoliberisti ci sia stato oppure no, ma mi sembra di vedere che i paesi che per primi hanno adottato queste politiche, per primi hanno iniziato a vedere che gli effetti non erano quelli desiderati.

ALLE ORIGINI DELLA CRISI

Questo sistema neoliberista, che ha avuto e che ha tuttora un forte sostegno politico, è a mio avviso alle origini della crisi. E la crisi è partita, già alla fine degli anni '90, con un aumento progressivo dell'indebitamento delle famiglie americane. Allora perché si indebitavano, le famiglie americane? Per una serie di motivi. Il primo è che, di fatto, il salario medio, il salario di una famiglia media, è rimasto praticamente stabile per un lungo periodo di tempo, mentre il reddito di una piccola parte della popolazione invece aumentava. E quindi aumentavano le disparità di reddito, che sono piuttosto visibili, perché se guardiamo un qualsiasi telefilm americano noi abbiamo un certo modello di vita, che diventa tutto sommato il riferimento al quale ci contrapponiamo. Di conseguenza, la famiglia media cerca di emulare uno stile di vita che gli viene trasmesso, ma ha uno stipendio che in termini reali non aumenta, e quindi non consente questa cosa. Parallelamente sono aumentati una serie di costi, in particolare negli Stati Uniti il costo della sanità e il costo dell'istruzione, che sono costi per beni tutto sommato essenziali, che crescevano, anche questi, più rapidamente, della possibilità data dal reddito. E contemporaneamente la deregolamentazione delle banche ha esteso l'accesso al credito. Quindi c'è chi dice che ci si è indebitati di più perché le banche adesso concedevano con più facilità i prestiti, c'è anche chi dice: no, ma in realtà, siccome le banche avevano poco rischio nel fare prestiti, sono le banche che hanno convinto i risparmiatori a indebitarsi. Quale che sia la verità, probabilmente un misto di entrambe le cose, la conseguenza è un aumento dei debiti privati. In più ci sono stati degli squilibri particolari, squilibri commerciali dove la Cina, per crescere, ha scelto una strategia di bassi costi e di difesa di questi bassi costi tramite il cambio. Su questi effetti possiamo tornare: sono sicuramente presenti ma non sono centrali in quello che voglio raccontare.

La crisi del debito americano si è tradotta proprio in un accumulo dei crediti che le banche americane prima e poi le banche europee avevano nei confronti in particolare delle famiglie che compravano casa e a un certo punto questa bolla è esplosa, quindi le banche hanno scoperto che questi che per loro erano dei crediti, degli attivi, erano inesigibili. Hanno iniziato a fallire, e questo ovviamente comporta un crollo dei redditi, un crollo della ricchezza che si è trasmesso anche all'Europa. Le banche europee avevano acquistato a man bassa tutti questi cosiddetti titoli spazzatura dagli Stati Uniti e anche loro sono andate in sofferenza, e hanno chiesto un intervento pubblico. Quindi qui c'è stata una sospensione dell'ideologia del neoliberismo che dice che lo Stato è cattivo e che non dovrebbe intervenire nell'economia, e invece si è chiesto un intervento di salvataggio ai governi, per i sistemi bancari. E ovviamente se un Governo trasferisce risorse, liquidità alle banche, avrà un deficit, a meno che non decida di aumentare le tasse per raccogliere il denaro dei cittadini. Quindi il deficit pubblico è stato generato di fatto da questa crisi. In aggiunta, quando un paese va in crisi, i redditi iniziano a scendere e automaticamente i cittadini pagano meno tasse, perché hanno guadagnato di meno, e anche questo contribuisce ad aumentare il deficit pubblico. Tutto questo è normale purché non si chieda immediatamente di sanare questo deficit, perché come si sana un deficit? O aumentando ancora le tasse per quei cittadini che già hanno un reddito più basso, o tagliando i servizi e quindi riducendo ulteriormente il benessere dei cittadini.

A questo punto i mercati finanziari si sono resi conto che c'erano delle opportunità di guadagno dalla crisi europea, per i motivi che vedremo tra pochi minuti, e hanno iniziato un attacco contro i cosiddetti debiti sovrani, cioè i debiti dei governi, che ha fatto aumentare il tasso di interesse, e quindi il costo che i governi devono pagare per ottenere liquidità, aumentando ulteriormente il deficit. E siamo arrivati ad oggi, cioè all'imperativo di ridurre questi deficit con politiche di austerità che, per quello che dicevo prima, causano ulteriore recessione, ulteriore diminuzione dei redditi e quindi un ulteriore aumento dei deficit pubblici. Quindi cioè un cane che si morde la coda.

IL SISTEMA MONETARIO

Vediamo di capire anche un po' più nel dettaglio gli aspetti monetari e della gestione dell'euro che ci interessano un po' più da vicino perché uno dei punti centrali su cui oggi dobbiamo ragionare è se quest'euro, e gli accordi che hanno portato all'euro, sono accordi che possono sopravvivere a questa crisi o come dovranno evolvere. Molto rapidamente, ho immaginato che qui il pubblico non sia un pubblico di economisti e che quindi uno debba spiegare almeno gli aspetti fondamentali. Fino al '71 c'era un sistema dei pagamenti basato sull'oro. C'era una convertibilità del dollaro con l'oro e una convertibilità delle altre valute, compresa la lira, con il dollaro, per cui la moneta - le banconote che tutti usiamo - erano basate sulla fiducia che un qualcuno, la Banca Centrale Americana, poteva convertirle nell'oro, con qualcosa che chiunque accetta come pagamento anche per conservare il potere di acquisto nel tempo. Ma dal '71, per una serie di motivi che potremmo discutere ma che non ci interessano adesso, gli Stati Uniti sospesero questa convertibilità, ed è iniziato un periodo in cui la moneta è una moneta fiduciaria. Nel senso che per legge dobbiamo usarla per effettuare pagamenti, per legge il tabaccaio deve accettarla se compra le sigarette, ma nulla ci garantisce che possa essere convertita in un qualcosa di prezioso, se non appunto una legge imposta da un Governo. Di conseguenza il valore di una moneta rispetto a un'altra è diventato qualcosa anche che dipendeva dalla fiducia che le persone hanno in quella particolare valuta piuttosto che un'altra.

In questa situazione il tasso di cambio, cioè il prezzo che devo pagare per comprare un'altra valuta, viene determinato automaticamente dalla domanda e dall'offerta di questa valuta, che a sua volta dipende dagli scambi di un paese con l'estero, sia per quanto riguarda le merci, sia per quanto riguarda i titoli. E in una situazione del genere, se un paese è in difficoltà e compra troppo, oppure ha una fuga di capitali, automaticamente la sua moneta si svaluta e quindi le sue merci diventano più convenienti per gli stranieri, gli stranieri le compreranno di più, e tutto torna automaticamente in una situazione sostenibile. E quindi la svalutazione, che forse avete sentito nominare come uno dei peggiori mali possibili, è un'ottima cosa in realtà, perché in un sistema in cui i cambi vengono determinati in questo modo, corregge gli squilibri. Ha due effetti negativi, che oggi vengono molto enfatizzati. Il primo è che la svalutazione rende più caro quello che compriamo all'estero, e quindi può aumentare i prezzi interni. Questo è sicuramente vero, ma quello che abbiamo visto negli ultimi vent'anni è che una svalutazione ha in realtà un qualche effetto sui prezzi, ma è un effetto molto contenuto. Forse è più importante il fatto che se io svaluto, e quindi rendo le mie merci più convenienti, i paesi contro cui svaluto si arrabbiano, perché le loro merci diventano più care, quindi ne vendono di meno, e quindi è considerata una politica aggressiva. E per questo motivo non è, diciamo, sempre auspicabile che venga usata illimitatamente.

In Europa questa flessibilità dei cambi non durò molto. Ci furono una serie di accordi, il "serpente monetario" e così via, ma che comunque consentivano queste fluttuazioni e quindi questi riequilibri. L'Italia ha aderito a questi accordi però ha usato regolarmente la svalutazione per risolvere dei suoi problemi che erano quelli di un'inflazione interna troppo alta rispetto ad altri paesi, fino a che non abbiamo deciso di adottare l'euro, di entrare in questi accordi di cambio. E già prima di decidere, fare questa scelta che ci toglieva la possibilità di usare il cambio per affrontare i problemi economici, abbiamo fatto un'altra scelta importante. E cioè: c'è un qualche legame tra la quantità di moneta che mettiamo in circolazione e il cambio di questa moneta con le altre. Potremnmo dire in linea generale che se stampiamo troppa moneta, il tasso di cambio di questa moneta con le altre dovrebbe deprezzarsi. Fino all'81 la quantità di moneta che veniva creata in Italia, la quantità di lire, era decisa dalla Banca Centrale ma tutto sommato in accordo con i governi. Quindi potremmo dire che c'era, tra virgolette, sulla politica monetaria, sulle decisioni della Banca Centrale. Nell'81 si decise che questa cosa non era buona. Qualche settimana fa a Roma sentivo Vincenzo Scotti, un ex sottosegretario o forse anche ministro democristiano, che diceva: si decise questo divorzio tra Banca Centrale e Tesoro per togliere il barattolo della marmellata dalle mani dei politici perché, appunto, se un politico vuole spendere a fini elettorali, o quello che sia, e la Banca Centrale gli stampa le banconote per coprire queste spese, il politico lo può fare e, nelle parole di Scotti, questa era la situazione che si era creata. E già lì si decise quindi che la gestione della politica monetaria doveva essere tolta dal controllo democratico del Governo e affidata a dei tecnici, quelli della Banca d'Italia.

L'INTEGRAZIONE EUROPEA

Tutto sommato, l'ingresso nell'Euro ha seguito la stessa logica. C'erano ottimi motivi per voler integrare l'Europa dal punto di vista finanziario e anche politico. E all'epoca spero ricorderete che il vero motivo per fare la zona dell'Euro era un motivo politico. La cosa più semplice da fare era un'unica valuta, ma quello non era l'obiettivo vero che avevamo: l'obiettivo vero era diventare tutti europei e così via. Però tutti i passi per arrivare all'obiettivo vero non sono stati fatti. L'unico passo che è stato fatto è stato quello di creare questa moneta unica, ma crearla con un sistema di regole molto specifico. In particolare si decise che la Banca Centrale Europea doveva solo tener conto dei prezzi e non anche di altre cose, come ad esempio la disoccupazione. Negli Stati Uniti la Banca Centrale nei suoi obiettivi di statuto ha sia il controllo dei prezzi sia la lotta alla disoccupazione. Quindi quando l'economia entra in crisi, la Banca Centrale americana ha il mandato di occuparsi del problema e risolverlo, mentre la Banca Centrale Europea non ha questo mandato. In più la Banca Centrale Europea sì, ha una serie di meccanismi di controllo da parte dei paesi membri, ma non è una istituzione rappresentativa nominata tramite il voto dei cittadini.

Si sapeva già, all'epoca, che questo sistema avrebbe creato dei problemi, perché i vari paesi europei non erano pronti ad avere una unificazione monetaria e i sistemi che sono stati messi in piedi per ovviare a questi problemi erano troppo deboli (il cosiddetto sistema dei fondi strutturali che dava le liquidità ai paesi, alle regioni più povere). I motivi della crisi erano già chiari nel 1992. Il docente che mi ha formato, Wynne Godley, scrisse "Dobbiamo enfatizzare già dall'inizio che stabilire una singola valuta in Europa porterà alla fine della sovranità delle nazioni che ne fanno parte e al loro potere di avere azione indipendente sui problemi principali, perché il potere di emettere la propria moneta, e quindi di scrivere assegni sulla propria banca centrale, è l'aspetto fondamentale che definisce l'indipendenza nazionale. Se un Paese abbandona o perde questo potere, acquisisce lo stato di una autorità locale o di una colonia. Le autorità locali o le regioni non possono svalutare ma perdono anche il potere di finanziare il loro deficit creando moneta, o tramite altri meccanismi finanziari, e non possono influenzare i tassi di interesse. E siccome le autorità locali non hanno nessuno degli strumenti per una politica macroeconomica, la loro scelta sarà limitata a argomenti di minore importanza, a 'un po' più di scuole lì, un po' meno infrastrutture qui.". Che è esattamente la situazione in cui ci troviamo oggi. Come vedete era chiaro nelle regole di formazione dell'euro, già agli inizi degli anni '90.

Quali sono i problemi dell'euro, quindi? I problemi dell'euro sono dati dal fatto che se il tasso dei cambi è fisso, non si può usare per eliminare gli squilibri, come vi ho detto prima. E quindi se una regione sta vendendo più di quanto compra accumula crediti, ma se fa questo c'è una qualche altra regione che sta accumulando dei debiti. Ora, se le regioni sono interne a un paese - pensiamo al mezzogiorno e al centro-nord dell'Italia - e però c'è un sistema fiscale che vale per l'intero paese, automaticamente la regione che cresce di più paga più tasse, la regione che cresce di meno riceve più sussidi, e quindi in qualche modo questo meccanismo viene non dico eliminato, ma perlomeno temperato. Se c'è anche una politica industriale, come c'è stata in Italia fino agli anni '70, che fa investimenti nella regione svantaggiata e le consente di diventare più autonoma e sostenibile, lo squilibrio può essere annullato definitivamente. Ma se manca questo meccanismo, e in Europa questo meccanismo manca, l'accumulazione di crediti da parte di una regione, in questo caso della Germania e degli altri Paesi vicini alla Germania, implica inevitabilmente il debito degli altri, e quindi una crisi. E la Germania ha proprio adottato questa strategia di basarsi - la cosiddetta strategia neomercantilista - sulle proprie vendite all'estero, proprio con i Paesi più deboli dell'area europea, che non avendo più lo strumento della svalutazione, non avevano modo di contrastare questa cosa, se non comprimendo i salari. Cosa che ovviamente non era nelle nostre intenzioni, perché noi siamo entrati nell'euro per aumentare il nostro benessere, non per ridurre i salari dei lavoratori.

E poi ci sono stati quei meccanismi di cui ho detto prima, cioè una crisi finanziaria, un aumento dei deficit e così via, e se andiamo a guardare i dati ci accorgiamo che i debiti pubblici e i deficit non erano alti né prima di entrare nell'euro né prima della crisi del 2007. Quindi i deficit pubblici non sono per nulla la causa della nostra crisi. La conseguenza è che non sono quelli a cui dobbiamo guardare per risolvere la crisi. In più, il debito pubblico, come qualunque debito, è sempre un credito di qualcun altro. Quindi quando ci vengono a dire "ogni cittadino che nasce ha tot-mila euro di debito", trascurano di dirci che qualcun altro avrà tot-mila euro di crediti. Se è il papà di questo bambino ad avere i crediti, tutto sommato è una storia interna alla famiglia. Cioè è il papà che ha deciso di costruire scuole e ospedali per suo figlio, e suo figlio, quando crescerà, guadagnerà di più, avrà un reddito più alto e ripagherà le spese che sono state fatte nel passato. Quindi il problema del debito pubblico è un problema di distribuzione, di come noi vogliamo decidere quanto dei servizi che forniamo ai cittadini facciamo pagare oggi, e quanto facciamo pagare nel futuro. E la logica vorrebbe che quando il benessere aumenta, il cittadino ha più possibilità di pagare i servizi pubblici, mentre quando c'è una crisi ha meno possibilità, e quello non è il momento in cui chiedere un rimborso di questi costi. In più il problema del debito pubblico, cioè di come pagare questi servizi, può essere anche risolto tramite la stampa di moneta, cioè l'intervento della Banca Centrale. Ma la Banca Centrale Europea non può farlo per statuto, per la logica neoliberista. Cioè: "Il governo è cattivo. Se gli diamo la possibilità di creare moneta a dismisura, lo farà per motivi che non hanno a che fare col benessere, quindi dobbiamo vietarglielo".

C'è una componente che dice: "Ma se stampiamo troppa moneta poi ci sarà inflazione". Questo è vero in parte, ma solo quando nel sistema economico si sta già creando tutto quello che si può creare. Come dicono gli economisti, quando tutte le risorse produttive sono utilizzate. In quella situazione, se stampiamo più moneta, la moneta rincorre dei beni che non possono aumentare, e quindi i prezzi aumentano. Ma quando c'è disoccupazione, quando le imprese stanno producendo molto meno di quello che potrebbero, se stampiamo più moneta e quindi creiamo anche artificialmente più domanda, questo mette in moto maggiore produzione, maggiore creazione di reddito, e non c'è alcun motivo perché questa cosa debba tramutarsi in una crescita dei prezzi. Quindi il fatto che più moneta è uguale a più inflazione è vero solo in certe situazioni che sicuramente non si hanno quando un paese è in crisi.

AUSTERITA'

Dobbiamo invece chiederci, come già suggerivo, che effetti abbiamo quando introduciamo l'austerità. Sono pazzi questi tedeschi che dicono che dobbiamo fare l'austerità per risolvere il problema? Non necessariamente, perché il modello teorico neoliberista dice appunto che il Governo, quando spende, danneggia l'economia, perché sottrae risorse agli imprenditori, quindi se il Governo spende mille euro, sono mille euro di investimenti privati che non vengono fatti, e in più c'è un'altra serie di disincentivi per cui - dicono loro - se il Governo spende fa un danno. Quindi se spende di meno fa il bene del Paese. Come diciamo noi, c'è un moltiplicatore negativo della spesa pubblica. E quindi dovremmo vedere che, con l'austerità, le imprese iniziano ad investire molto di più. Quello che stiamo vedendo oggi, in Grecia, in Italia, in Spagna, in Portogallo è proprio il contrario: cioè quello che Keynes e le teorie keynesiane hanno sempre sostenuto: la spesa pubblica ha un effetto positivo, e anche forte, sull'economia di un Paese. Quindi quando introduciamo l'austerità si ha un crollo dei redditi e anche un crollo delle aspettative di profitto, quindi anche un crollo degli investimenti e così via. Quindi dire austerità e crescita è dire due cose che sono l'una l'opposto dell'altra: non si può avere austerità e crescita. Ed è anche interessante capire l'austerità come viene fatta, perché se l'austerità viene fatta tagliando i salari, tagliando le pensioni, gli effetti sulla distribuzione del reddito sono di un particolare tipo, mentre se l'austerità viene fatta salvaguardando i tassi di interesse che i governi pagano sui loro debiti, cioè il famoso spread, se lo spread è deciso dai mercati stiamo dicendo che noi vogliamo salvaguardare gli interessi dei creditori, cioè delle banche che hanno il credito, che è un debito del Governo.

MODERN MONEY THEORY

In tutto questo, una delle teorie di cui si sta discutendo un po' in Italia è la cosiddetta Mondern Money Theor, su cui andrò molto rapidamente perché a mio avviso è una proposta che è stata completamente stravolta e che è partita da studiosi, miei colleghi, del Levy Institute negli Stati Uniti. Fondamentalmente la Modern Money Theory che cosa dice? Ci dice quello che vi ho appena spiegato finora, e cioè che se un sistema economico è in crisi, è compito del Governo intervenire con una spesa aggiuntiva e, se non ci sono risorse liquide per farlo, è un bene che la Banca Centrale stampi nuova moneta per finanziare queste spese. Quindi l'idea è che il Governo dovrebbe avere a cuore la piena occupazione. Se le imprese non creano posti di lavoro e i disoccupati aumentano, compito del Governo dovrebbe essere creare i posti di lavoro mancanti, con una serie di meccanismi che garantiscono che questi posti di lavoro non danneggiano le prospettive delle imprese private di creare altri posti di lavoro, quindi che il Governo non entri in concorrenza con le imprese nella produzione. Quindi il Governo non dovrebbe creare una fabbrica di pomodori pelato o una fattoria, ma dovrebbe ma dovrebbe creare posti di lavoro nei cosiddetti beni pubblici, quindi nella Sanità, nella Tutela del Territorio e in una serie di altre cose di questo genere. Quindi la Modern Money Theory sostanzialmente dice: compito del Governo in una crisi è creare occupazione, compito della Banca Centrale è finanziare questa spesa pubblica aggiuntiva, se non ci sono le risorse per farlo.
Il problema è che la Modern Money Theory ha una serie di implicazioni che sono molto provocatorie e piacciono molto a una serie di persone. Per esempio, l'implicazione che se noi possiamo finanziare tutto stampando moneta, ma allora perché abbiamo le tasse? Intanto la Modern Money Theory dice anche: sì, ma le tasse ci sono perché se la moneta non serve a pagare le tasse, perché mai i cittadini dovrebbero avere dei pezzi di carta con su scritto 10 euro o 1000 lire, che sono appunto dei pezzi di carta? Quindi il pezzo di carta ha una legittimità solo legale, la legittimità legale viene dal fatto che il Governo vuole essere pagato con quei pezzi di carta, se crolla questo crolla tutto. Inoltre il cittadino che paga le tasse vuole un qualche riferimento sul servizio che lui ottiene con le tasse che lui paga. Quindi se noi abolissimo le tasse e pagassimo tutti i servizi stampando moneta - e questo crea una serie di meccanismi di inflazione un po' complessi - si potrebbe fare, ma sicuramente avremmo un problema fenomenale perché cadrebbe qualunque legame tra il fatto che io pago il biglietto dell'autobus per usare l'autobus, cioè il legame tra contributo che si deve dare e servizio che si ottiene. E in secondo luogo, la cosa più importante, cadrebbe la possibilità per il Governo di redistribuire reddito. La nostra Costituzione dice che dovremmo usare un sistema non proporzionale ma progressivo, cioè che chi ha un reddito più alto dovrebbe contribuire più che proporzionalmente al finanziamento dei servizi pubblici e così via. Quindi su questa Modern Money theory oggi c'è una discussione un po' confusa perché - che ne so - qualcuno dice "Ah, l'evasione non è un problema perché in realtà il vero problema è che non possiamo stampare le banconote". No, in realtà l'evasione è un problema perché, di nuovo, fallisce l'obiettivo di redistribuzione, di riallocazione del costo dei servizi in modo equo tra i cittadini. Altri possono dire "Stampiamo moneta perché le pensioni sono basse, e invece se stampiamo moneta possiamo darne di più ai pensionati". Questo non ha nulla a che fare con la Modern Money Theory, ed è un po' complicato capire se questo meccanismo funzionerebbe, sarebbe efficace oppure no. Quello che invece sarebbe utile e fondamentale non è stampare banconote e regalarle in giro, ma creare posti di lavoro.

LA CRISI E' SOLO UN PROBLEMA POLITICO

Sicuramente è vero che noi non possiamo fare questo oggi con l'attuale assetto istituzionale, e sicuramente è vero che dobbiamo ripristinare la sovranità monetaria, cioè un controllo democratico sulla politica monetaria. Il problema è che si sta cercando di capire se si può fare a livello europeo, quindi mantenendo l'euro, o se dobbiamo decidere che l'euro è fallito e dobbiamo tornare alle valute nazionali. Se pensiamo che questa cosa si possa fare con l'euro, dobbiamo correggere le istituzioni europee nel modo che ho detto prima, che già era chiaro all'inizio di tutta la storia. In particolare dobbiamo introdurre una serie di sistemi che automaticamente redistribuiscano il reddito dalle regioni più ricche d'Europa alle regioni meno ricche, e che prevedano degli interventi di politica industriale cospicui, e non quelli che ci sono già oggi, per consentire alle regioni in difficoltà di crescere e diventare di nuovo autonome. Tutte queste cose si potrebbero fare molto rapidamente, e il fatto che i governi attuali non le abbiano fatte né dicano di volerle fare, inizia a far pensare che forse non c'è la volontà politica di farle, e quindi tutta la crisi non è un problema economico, ma è un problema politico. E se i cittadini... per esempio so che i cittadini greci, da un sondaggio, vorrebbero tutti restare nell'euro, anche se l'assetto attuale dell'euro li sta massacrando: quindi c'è un problema politico e c'è un problema di democrazia, cioè si è perso il collegamento tra la volontà dei cittadini e quello che viene fatto. Se è impossibile rimanere nell'euro si può sempre uscire e tornare a una propria valuta. Ora, questa cosa è più o meno possibile, più o meno costosa, in base a tutta una serie di aspetti che riguardano i diversi paesi. Per esempio è sicuramente una follia per un Paese uscire dall'euro se tutti i suoi debiti sono denominati in euro e il Paese non ha la capacità, la sovranità sui contratti per portarli in una nuova valuta. Quindi se noi uscissimo dall'euro, e voi avete un mutuo in euro fatto con una banca tedesca, che dovete pagare in euro, e a voi iniziano a pagarvi in lire, e la lira si svaluta del 20% sull'euro, il vostro mutuo con la banca tedesca diventa più caro del 20%. E quindi questo è molto costoso. Ma se abbiamo la sovranità per dire che il vostro mutuo in euro viene convertito in lire a un tasso di cambio predefinito, e quindi da oggi in poi pagherete in lire, che la lire si svaluti rispetto all'euro a voi non interessa più, perché voi comunque pagherete in lire i vostri obblighi contrattuali. Quindi, per esempio la Grecia ha una grossa parte del debito denominata sotto la giurisdizione greca, che può convertire in una nuova valuta, e quindi a mio avviso da questo punto di vista ha la strada spianata per uscire dall'euro, se volesse, mentre per paesi come l'Irlanda, che hanno il debito tutto denominato in contratti di diritto anglosassone, che non potrebbero riconvertire a meno di contenziosi notevoli a livello internazionale, e quindi uscire dall'euro per l'Irlanda è un problema.
Sicuramente, risolti questi problemi, avremmo una svalutazione, e la svalutazione non è una cosa pazzesca, come dicono alcuni: porterebbe a un po' di inflazione, ma un'inflazione limitata e sicuramente, però, non ci si fermerebbe qui. Sarebbe necessario, se non indispensabile, reintrodurre delle limitazioni ai movimenti di capitale, quindi chiudere con la logica neoliberista, che è quella che ha dominato gli ultimi decenni.

LA REDISTRIBUZIONE DELLA RICCHEZZA

Due parole finali sul debito pubblico italiano, perché qui c'è un aspetto - che già un pochino ho collegato - e che è legato all'evasione. Secondo me, uno dei problemi dell'evasione in Italia... Almeno, l'evasione in Italia è nata per cose che sappiamo tutti: c'è un piccolo nucleo di società o di individui che possono evadere molto del loro reddito e lo possono fare da tanti anni. Quindi questo ha creato un calo nel gettito che il Governo ha per pagare i propri servizi, e ha costretto i governi ad aumentare le aliquote. Ma quando io aumento le aliquote dò anche un incentivo a evadere appena possibile, e quindi si è arrivati in una situazione di stallo in cui pochi che non possono evadere pagano cifre insostenibili, e tutti quelli che possono in qualche modo evadere evadono. E questo distorce completamente la situazione e contribuisce alla logica del neoliberismo, cioè il Governo è un qualcosa che ci è nemico, cerca di toglierci delle risorse, se invece il Governo sparisse io riuscirei a vivere molto bene senza dover pagare questi odiosi balzelli. Però non si pensa al fatto che nessuno poi asfalterebbe la strada o pagherebbe l'insegnante della scuola di mio figlio. Di fatto, quelle che mi sembrano soluzioni ragionevoli o almeno condivisibili, stanno iniziando ad emergere. Ci trovo molti punti di contatto con cose che ho sentito dal movimento umanista, anche se sono di solito i partiti considerati di sinistra. Per esempio, Syriza, il partito molto quotato in Grecia come potenziale vincitore del prossimo turno elettorale, ha un programma che è confuso su alcune cose che adesso dirò, ma fondamentalmente sostiene: "Qua abbiamo un problema di distribuzione: i più ricchi per troppi anni non hanno pagato, e adesso dovrebbero pagare il conto. E da loro dobbiamo prendere una serie di risorse per rifinanziare tutte quelle categorie dei danni dai tagli dello stato sociale, e così via". Anche loro hanno chiaro che c'è un problema di finanziamento, e qua c'è la confusione perché loro dicono: "Dobbiamo esigere dall'Unione Europea un cambiamento nel ruolo della Banca Centrale perché stampi gli euro". Però, come dire, in che modo esigere? Perché se loro avessero voluto far questo lo avrebbero potuto fare già quattro, cinque anni fa. Bastava far incontrare il premier spagnolo, quello greco, quello italiano e quello portoghese e dire: "Cari amici, facciamo fronte comune contro la Germania e la Francia. Cambiamo le regole del funzionamento della Banca Centrale. Se ci dicono di no, e allora noi facciamo una bella bancarotta. Tutti i nostri debiti sono debiti delle banche centrali francesi: le facciamo fallire e poi sono fatti loro". Se non si è fatto questo, che probabilmente era una strada abbastanza indolore per risolvere la crisi prima che cominciasse, è difficile pensare che oggi, se sbatti i pugni sul tavolo, poi la Merkel cambia lo statuto della BCE. Quindi c'è un po' di confusione su questo, e c'è un po' di confusione in Syriza anche sul fatto che non è che dicano in modo chiaro che dagli aumenti delle tasse che loro prevedono, riescono a finanziare tutto il settore pubblico. Quindi, se io non posso spiegare credibilmente dove prendo il denaro per pagare gli aumenti delle pensioni, l'aumento dei sussidi e quant'altro, faccio populismo e poco altro. Però, ad esempio, il programma di Mélenchon in Francia aveva più o meno gli stessi temi, e quelli avevano invece fatto un bel piano finanziario in cui mostravano che si riusciva a sostenere tutto l'aumento del welfare state che volevano fare con gli aumenti delle imposte che prevedevano.

Abbiamo anche una serie di altri problemi che sono derivati dal neoliberismo e di cui credo che qui vi occuperete oggi. Uno è che tutte le vie di uscita della crisi prevedono un qualche ritorno a un ruolo centrale del Governo della gestione della cosa pubblica per il benesserre collettivo. Però sono anni che ci dicono che i politici rubano. E quindi finché non risolviamo questa cosa, cioè finché non c'è un qualche meccanismo - presumo che voi siate per la democrazia diretta - che sostituisce al politico che ruba un qualcuno che invece agisce per l'interesse della collettività, da qui non si esce, perché se non si esce per questa strada, allora l'alternativa è un neoliberismo ancora più esteso: ognuno per sè. E come si va a finire? Abbiamo problemi di informazione, me lo direte, ancora di più. E sull'ultimo punto, appunto: "se usciamo dall'euro poi abbiamo risolto i nostri problemi?", c'è qualcosa su cui riflettere, perché i problemi di cui vi ho parlato - Germania, Grecia e italia - sono gli stessi che abbiamo/avevamo - centro, nord e mezzogiorno - e che, come sapete, anche una parte degli elettori della Lega non voleva più risolvere in questo modo. Grazie

Fermate il trafficante di morte in Siria

siria - daraa "alhrak" 6/3/​2012
orribile massacro commesso dall'esercito Al-Asadi , contro civili disarmati, a seguito di Il bombardamento della città di mobilità, e nessuno può cui maltratta di infermerie assedio sicurezza siriano a loro..

siria - daraa "alhrak" 6/3/​2012 INAUDITO-INACCETTABILE

Vogliamo un movimento internazionale e armare libera dell esercito siriano per fermare questi massacri.


Cari amici, Altri 27 corpi di bambini massacrati sono stati trovati in Siria. L'India e gli USA possono bloccare l'ingresso di armi al regime sanguinario della Siria minacciando di boicottare il principale fornitore di armi alla Siria, la compagnia russa Rosoboronexport. La pressione finanziaria potrebbe mettere fine al massacro in corso. Firma la petizione per fermare la fornitura di morte della Russia alla Siria! Sono stati trovati altri 27 corpi di bambini massacrati in Siria. Per fermare questo orrore dobbiamo interrompere il traffico di armi verso il regime. Un modo per farlo c'è, ma richiede l’impegno di tutti noi. Ecco come: l’India e gli Stati Uniti sono tra i maggiori clienti del principale fornitori d’armi della Siria: la compagnia statale russa Rosoboronexport. Se riusciremo a convincere questi due paesi a minacciare lo stop a tutti gli accordi economici finché i russi non interromperanno il sostegno alla macchina omicida della Siria, questo fornitore di armi potrebbe essere costretto a fermare le sue esportazioni in Siria. Tanto gli Stati Uniti quanto l’India vogliono fermare la violenza in Siria, ma la diplomazia sta fallendo. Questa è la migliore opportunità che abbiamo: diamo loro un mandato di massa per agire subito. Gli Stati Uniti hanno già convinto tale compagnia a fermare la vendita di armi leggere in Siria. Se riusciremo a far salire la pressione sull’India e a ottenere che entrambi i paesi si facciano sentire, Rosoboronexport potrebbe essere costretta a tagliare del tutto l'esportazione di armi alla Siria. Clicca sotto per firmare la petizione urgente per fermare la fornitura di morte alla Siria e fai il passaparola: la nostra richiesta sarà consegnata a entrambi i paesi e alla stessa Rosoboronexport a una fiera di armi a Parigi oggi:
PETIZIONE:fermiamo i trafficanti di morte
  Le soluzioni politiche internazionali stanno fallendo e non riescono ad arginare il fiume di sangue in Siria: solo due settimane fa il mondo era sotto shock per il brutale massacro di Houla in cui hanno perso la vita 49 bambini, a cui è seguita a pochi giorni di distanza un’altra carneficina. Perché? Assad è protetto dalla Russia, amico di vecchia data, che ha bloccato l’iniziativa internazionale e allo stesso tempo sta traendo profitti dalla vendita di armi: Rosoboronexport è il più grande produttore d’armi della Russia, e porta alle casse del governo miliardi di ricavi ogni anno. Il Presidente Assad è ancora al potere solo grazie alla forza e al terrore diffuso dall’esercito. Se riusciremo a convincere la Russia che non vale più la pena sostenere il regime siriano, e a mettere fine così alla vendita di armi ad Assad, il suo arsenale di morte svanirà e con esso il suo potere. L’India e gli Stati Uniti insieme totalizzano oltre il 50% della vendita di armi della Russia, ed entrambi vogliono un’azione forte sulla Siria. Gli Stati Uniti si battono in prima linea per fermare la violenza, e un gruppo di senatori americani sta facendo pressione sul Pentagono per cancellare un contratto cospicuo di elicotteri con Rosoboronexport. L’India ha già votato perché sia interrotta la violenza in Siria al Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Gli esperti ritengono che se ci fosse anche solo una vaga indicazione da parte del governo indiano di riconsiderare il suo appoggio a Rosoboronexport a causa della Siria, le vendite al regime potrebbero interrompersi, e i russi potrebbero abbandonare il loro supporto ad Assad. Rosoboronexport potrebbe essere ritenuto legalmente responsabile per crimini di guerra per aver fornito armi al regime siriano, ma a causa degli ingenti profitti e all'impunità finora garantita, i suoi affari sanguinari potrebbero andare avanti come se nulla fosse. La pressione diplomatica sulla Russia sta aumentando, ma è la minaccia finanziaria che potrebbe fare la differenza. Dobbiamo agire ora e fare in modo che centinaia di migliaia di noi parlino prima che Rosoboronexport arrivi a Parigi oggi. Clicca per chiedere agli USA e all’India di fermare gli affari mortali della Russia ora e gira questa email a tutti:

  L'anno scorso i membri di Avaaz hanno sostenuto la primavera siriana e la fine della violenza: abbiamo rotto il blackout, reso pubbliche atrocità nascoste e fornito equipaggiamenti vitali ai siriani sotto attacco. Nei giorni scorsi abbiamo consegnato la nostra petizione all’ONU per chiedere più osservatori nel paese. Oggi facciamo in modo di tagliare alla fonte le armi che stanno uccidendo il popolo siriano. Con speranza e determinazione, Alice, Joseph, Denis, Luca, Emma, Ricken, Stephanie, Wissam, Dalia e tutto il team di Avaaz
Più informazioni Hillary Clinton accusa Mosca: contribuisce alla guerra in Siria (Il Sole 24 Ore)
Hillary-clinton-accusa-mosca

Stallo all'Onu sulla Siria. Cosa c'è dietro il "niet" della Russia (Panorama)
Cosa c'e dietro il-niet della-Russia

Siria: altre 29 persone uccise, vittime sono più di 14mila (Agi)
siria:altre 29_persone uccise vittime_sono piu di 14mila

Siria: transizione sempre più difficile. Accusa ai fabbricanti d’armi russi (International Post)
SIRIA :potere=oppressione=massacri

http://meedabyte.com/2012/06/16/the-revolution-at-hand/

http://meedabyte.com/2012/06/16/the-revolution-at-hand/
"La domanda che dobbiamo cominciare a porci non è 'come impiegare le persone le cui abilità sono rese obsolete dalla tecnologia', ma piuttosto 'come possiamo organizzare la società attorno a qualcosa di diverso da un impiego tradizionale'. Lo spirito di un'impresa che di solito associamo con il concetto di 'carriera' potrebbe essere spostato verso un concetto più collaborativo, risolutivo e perfino costruttivo?"
Global Village Construction Set

Zeitgeist Addendum doppiato in Italiano


Il film ha vinto nel 2008 il premio Best Feature Artivist Spirit all'Artivist Film Festival di Los Angeles.
Il film discute riguardo al sistema della Federal Reserve negli Stati Uniti, della CIA, delle corporation americane e altro, concludendo con la presentazione del Venus Project, creato dall'ingegnere sociale Jacque Fresco. In accordo con Peter Joseph, il film ha come scopo di localizzare le radici della dilagante corruzione sociale, offrendo allo stesso tempo una soluzione. In conclusione Addendum sottolinea il bisogno di eliminare ogni barriera che divide gli uomini e individua i passi concreti da fare per indebolire il sistema monetario.

The Zeitgeist Movement

We intend to restore the fundamental necessities and environmental awareness of the species through the advocation of the most current understandings of who and what we truly are, coupled with how science, nature and technology hold the key...
Missione
The Movement's principal focus includes the recognition that the majority of the social problems which plague the human species at this time are not the sole result of some institutional corruption, scarcity, a political policy, a flaw of "human nature" or other commonly held assumptions of causality in the activist community. Rather, The Movement recognizes that issues such as poverty, corruption, collapse, homelessness, war, starvation and the like appear to be "Symptoms" born out of an outdated social structure.

While intermediate Reform steps and temporal Community Support are of interest to The Movement, the defining goal here is the installation of a new socioeconomic model based upon technically responsible Resource Management, Allocation and Distribution through what would be considered The Scientific Method of reasoning problems and finding optimized solutions.

This "Resource-Based Economic Model” is about taking a direct technical approach to social management as opposed to a Monetary or even Political one. It is about updating the workings of society to the most advanced and proven methods Science has to offer, leaving behind the damaging consequences and limiting inhibitions which are generated by our current system of monetary exchange, profits, corporations and other structural and motivational components.

The Movement is loyal to a train of thought, not figures or institutions. In other words, the view held is that through the use of socially targeted research and tested understandings in Science and Technology, we are now able to logically arrive at societal applications which could be profoundly more effective in meeting the needs of the human population. In fact, so much so, that there is little reason to assume war, poverty, most crimes and many other money-based scarcity effects common in our current model cannot be resolved over time.

The range of The Movement's Activism & Awareness Campaigns extend from short to long term. The long term view, which is the transition into a Resource-Based Economic Model, is a constant pursuit and expression, as stated before. However, in the path to get there, The Movement also recognizes the need for transitional Reform techniques, along with direct Community Support.

For instance, while "Monetary Reform" itself is not an end solution proposed by The Movement, the merit of such legislative approaches are still considered valid in the context of transition and temporal integrity. Likewise, while food and clothes drives and other supportive projects to help those in need today is also not considered a long term solution, it is still considered valid in the context of helping others in a time of need, while also drawing awareness to the principal goal.

The Zeitgeist Movement also has no allegiance to a country or traditional political platforms. It views the world as a single system and the human species as a single family and recognizes that all countries must disarm and learn to share resources and ideas if we expect to survive in the long run. Hence, the solutions arrived at and promoted are in the interest to help everyone on the planet Earth, not a select group.
Panoramica società
Founded in 2008, The Zeitgeist Movement is a Sustainability Advocacy Organization which conducts community based activism and awareness actions through a network of Global/Regional Chapters, Project Teams, Annual Events, Media and Charity Work.
Informazioni generali
In a world where 1% of the population owns 40% of the planet's wealth… in a world where 34,000 children die every single day from poverty and preventable diseases, and where 50% of the world's population lives on less than 2 dollars a day… one thing is clear: Something is very wrong.

And whether we are aware of it or not, the lifeblood of all of our established institutions and thus society itsel...
f, is money. Therefore understanding this institution of monetary policy is critical to understanding why our lives are the way they are.

Unfortunately, economics is often viewed with confusion and boredom. Endless streams of financial jargon coupled with intimidating mathematics quickly deter people from attempts at understanding it. However, the fact is, the complexity associated with the financial system is a mere mask, designed to conceal one of the most socially paralyzing structures humanity has ever endured.


“There are two ways to conquer and enslave a nation. One is by the sword. The other is by debt.” -John Adams-1735-1826
 

Intendiamo ripristinare le necessità fondamentali e la consapevolezza ambientale della specie attraverso l'esaltazione delle interpretazioni più attuali di chi e cosa siamo veramente, insieme a come la scienza, natura e tecnologia tenere premuto il tasto ...MissioneObiettivo principale del movimento include il riconoscimento che la maggior parte dei problemi sociali che affliggono la specie umana in questo momento non sono l'unico risultato di qualche corruzione istituzionale, la scarsità, in una prassi politica, un difetto di "natura umana" o altre ipotesi comunemente detenuti di causalità nella comunità attivista. Piuttosto, il Movimento riconosce che le questioni come la povertà, la corruzione, crollo, senza fissa dimora, guerra, fame e simili sembrano essere "Sintomi" nati al di fuori di una struttura obsoleta sociale.Mentre i passaggi intermedi di riforma e il sostegno comunitario nel tempo sono di interesse per il Movimento, l'obiettivo di definire: ecco l'installazione di un nuovo modello socio-economico basato sulla gestione delle risorse tecnicamente responsabile, assegnazione e distribuzione attraverso ciò che potrebbe essere considerato il metodo scientifico di problemi di ragionamento e trovare soluzioni ottimizzate. Questo "Resource-Based modello economico" riguarda l'adozione di un approccio tecnico diretto alla gestione sociale, in contrapposizione ad uno monetario o addirittura politico. Si sull'aggiornamento il funzionamento della società per la scienza più avanzata e collaudata metodi ha da offrire, lasciando dietro di sé le conseguenze dannose e per limitare le inibizioni che vengono generati dal nostro attuale sistema di scambio monetario, i profitti, le aziende e gli altri componenti strutturali e motivazionali. Il Movimento è fedele a un treno di pensiero, non figure o istituzioni. In altre parole, la tesi è che attraverso l'uso della ricerca sociale mirate e intese testati in Scienza e Tecnologia, siamo ora in grado di giungere logicamente ad applicazioni sociali che potrebbero essere profondamente più efficaci nel soddisfare le esigenze della popolazione umana. In effetti, tanto che non c'è motivo di assumere la guerra, la povertà, la maggior parte dei crimini e molti altri soldi a base di effetti scarsità comuni nel nostro modello attuale non può essere risolta con il tempo. La gamma di attivismo del Movimento e campagne di sensibilizzazione si estendono da breve a lungo termine. La visione a lungo termine, che è la transizione verso un modello Resource-Based economica, è una costante ricerca ed espressione, come detto prima. Tuttavia, nel percorso per arrivarci, Il Movimento riconosce anche la necessità di tecniche di riforma di transizione, insieme con il sostegno comunitario diretto. Per esempio, mentre "Riforma monetaria" in sé non è una soluzione finale proposta dal Movimento, il merito di tali approcci legislativi sono ancora considerati validi nel contesto della transizione e l'integrità temporale. Allo stesso modo, mentre le unità cibo e vestiti e altri progetti di sostegno per aiutare chi ne ha bisogno oggi non è considerata anche una soluzione a lungo termine, è ancora considerato valido nel contesto di aiutare gli altri in un momento di bisogno, ma anche di disegnare la consapevolezza al preside obiettivo. Il Movimento Zeitgeist dispone anche di non fedeltà a un paese o tradizionali piattaforme politiche. Si vede il mondo come un unico sistema e la specie umana, come una sola famiglia e riconosce che tutti i paesi deve disarmare e imparare a condividere risorse e idee, se ci aspettiamo di sopravvivere nel lungo periodo. Quindi, le soluzioni arrivati ​​a e promosso sono di interesse per aiutare tutti gli abitanti del pianeta Terra, non un gruppo selezionato.Panoramica SocietàFondata nel 2008, Il Movimento Zeitgeist è una organizzazione di difesa Sostenibilità che conduce l'attivismo basato su comunità e azioni di sensibilizzazione attraverso una rete di Capitoli Generali / regionale, dei gruppi di progetto, eventi annuali, media e opere di carità.General informationIn un mondo in cui l'1% della popolazione possiede il 40% della ricchezza del pianeta ... in un mondo in cui 34.000 bambini muoiono ogni giorno dalla povertà e le malattie prevenibili, e dove il 50% della popolazione mondiale vive con meno di 2 dollari al giorno ... una cosa è chiara: c'è qualcosa di sbagliato. E se siamo consapevoli o no, la linfa vitale di tutte le nostre istituzioni ufficiali e quindi la società itsel .

The Free World Charter: Let's make everything free

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lunedì 18 giugno 2012

Germania: protesta anti-ACTA a Berlino, gli attivisti tornano in piazza



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“Non dimenticare di opporti all'ACTA” – è con la discreta ironia di questo slogan che gli organizzatori della protesta anti-ACTA hanno chiuso la dimostrazione tenutasi il 9 giugno scorso a Berlino. In occasione della European Action Day Against ACTA [en, come gli altri link, eccetto ove diversamente specificato](Giornata Europea di Azione contro l'ACTA), circa 500 persone hanno sfilato per le strade di Berlino in segno di protesta contro il controverso accordo anti-contraffazione [it]che si ritiene voglia imporre nuove sanzioni penali con lo scopo di costringere i gestori di Internet a monitorare e censurare la comunicazione online.
Fino ad ora, sono 30 i paesi che hanno sottoscritto l'ACTA ma sarà il Parlamento Europeo ad avere l'ultima parola sull'entrata in vigore o meno dell'accordo. La votazione dovrebbe tenersi in occasione della sessione plenaria di inizio luglio.
Dicono che l'ACTA sia morto
A prima vista, il numero relativamente modesto di manifestanti rispetto alle tante centinaia di persone che hanno invaso le strade in febbraio potrebbe suscitare una certa delusione. Forse la gente si è dimenticata dell'ACTA?
Non bisogna andare troppo lontano per trovare risposte plausibili a questa domanda. Oltre al fatto che i Campionati Europei di Calcio [it] in questi giorni stanno carpendo quasi totalmente il pubblico interesse, vi è la forte convinzione che l'ACTA sia morto e che il pericolo peggiore sia passato. Sulla pagina del 9 giugno del sito web dell'European Digital Rights organization [organizzazione Europea per i Diritti Digitali], si può leggere quanto segue:Dopo tutte le dichiarazioni sulla morte dell'ACTA, uno si chiederebbe allora perché in tanti abbiano sentito la necessità di farsi vivi alla dimostrazione anti-ACTA di oggi. In aprile, il parlamentare europeo incaricato della stesura del dossier sull'ACTA ha asserito che l'ACTA era morto. A maggio, il Commissario Europeo per la Società dell'Informazione, Neelie Kroes, ha confermato che la questione dell'ACTA era chiusa. Ora, in Giugno, quattro distinti Commissioni Parlamentari Europee hanno respinto l'ACTA. Le manifestazioni ACTA dovevano forse andare deserte?
E' ancora più positivo il fatto che migliaia di persone provenienti da tutta Europa e diverse centinaia in Germania si siano riversate nelle strade per inviare un ulteriore segnale ai politici e lasciare un promemoria alla società. L'attivista e blogger tedesco, noto come mspr0, che era presente alla manifestazione, così riporta [de] l'8 giugno sul suo blog:Lo so che sembra che tutto sia finito e compiuto. Ma non è così. Dietro le quinte stanno tentando di rimettere in gioco quel che rimane e noi abbiamo bisogno di un segnale chiaro.
Oltre a mspr0, molti altri attivisti hanno preso la parola alla manifestazione. Peter Sunde, cofondatore di Pirate Bay [it] e Flattr, ha presentato Henrik Chulu, della Bitbureauet [da], un'organizzazione per i diritti digitali danese.
Nel sottostante filmato, pubblicato su YouTube il 10 giugno dallo stesso autore di questo post, potete vedere Henrik mentre descrive l'importanza di rimanere all'erta, perché l'ACTA non sarà l'ultimo disegno di legge con cui ci dovremo confrontare. Ha anche fatto notare che l'accordo ha prodotto qualcosa di buono per l'Europa, ricordandoci di quanto sia fragile e importante la libertà di Internet e di quanto riesca a coinvolgere politicamente la gente e farla reagire per la difesa dei propri diritti digitali.

domenica 10 giugno 2012

Festa del FATTO QUOTIDIANO

Vent'anni dopo Peter Gomez e Marco Travaglio, insieme a Dario Vergassola, ripercorrono le vicende di Mani Pulite dal palco della festa del Fatto Quotidiano. "Lo scenario non è cambiato. Sono nate nuove figure intermedie difficili da punire".
https://www.youtube.com/watch?v=hsivNwo79c0&feature=g-all-u

Festa del Fatto, Landini ed Emiliano: “La ricetta Monti non funziona”
Il segretario della Fiom, Maurizio Landini, e il sindaco di Bari, Michele Emiliano, prima di salire sul palco della festa del Fatto Quotidiano bocciano all’unisono il governo Monti. Per la Fiom “c’è il pericolo di un’emergenza democratica se non si darà la priorità al lavoro”. Mentre il sindaco di Bari invoca le elezioni in autunno: “La ricetta Monti non ha funzionato

DI PIETRO: Non è questione di educazione ma di scelte

Negli ultimi giorni molti dirigenti del Pd mi hanno accusato di offenderli e di mancargli di rispetto con le mie critiche, come se la questione riguardasse il galateo e la buona creanza invece della politica.
A mio parere questo è solo un modo di “buttarla in caciara”, per non affrontare i problemi che l’Italia dei Valori pone.
Io non voglio offendere proprio nessuno e figurarsi se intendo mancare di rispetto a un partito col quale ci siamo presentati insieme quasi ovunque alle ultime elezioni amministrative vincendo quasi sempre.
La questione non riguarda l’educazione ma le scelte politiche concrete. Dunque, senza che nessuno se ne debba offendere, parliamo di fatti concreti.
La settimana prossima si voterà il ddl sulla corruzione. Prevede la cancellazione della concussione per induzione, che è quella più comune sia nei reati contro la Pubblica amministrazione che nelle aree mafiose. Senza quella fattispecie di reato io non avrei potuto fare l’indagine Mani pulite e di quel sistema di corruzione ancora non sapremmo niente.
Se si cancella quel reato, il ddl diventa anticorruzione di nome e procorruzione di fatto. Noi abbiamo presentato un emendamento per ripristinare il reato di concussione per induzione. Cosa fa il Pd? Lo vota o si rende complice di questo scempio? Se i dirigenti del Pd non vogliono affrontare il problema perché lo pone il “maleducato” Di Pietro si vadano a leggere il beneducato Massimo Giannini e rispondano a lui.
Nei prossimi giorni si voterà una legge sul finanziamento dei partiti che non farà risparmiare una lira allo Stato, non introdurrà nessun serio controllo su come i partiti usano questi soldi e addirittura legalizzerà e incentiverà le tangenti.
Dopo aver detto e gridato che bisognava cambiare strada, fare una legge che o non cambia niente o peggiora le cose significa prendere in giro i cittadini e questo, secondo me, è la sola vera mancanza di rispetto in politica.
E’ una presa in giro, secondo me, anche votare la fiducia sulla cancellazione dell’art. 18 dopo aver partecipato alle manifestazioni dei lavoratori in difesa dell’art. 18. E’ una mancanza di rispetto denunciare la lottizzazione e poi spartirsi le cariche dell’Agcom come se fossero la torta della nonna.
Dunque io non offendo, ma non voglio nemmeno che a essere offesi siano ancora una volta i cittadini e la trasparenza democratica. Quindi sobriamente chiedo agli amici del Pd non solo di dire cosa vogliono fare, ma anche di fare quello che dicono e non il contrario. Altrimenti, con tutto il rispetto, le alleanze è meglio non proporle. Però dicendo chiaramente che non si possono realizzare perché abbiamo idee politiche diverse, senza attaccarsi alla scusa furbetta della maleducazione.

Palomba: il ddl anticorruzione falcidierà i processi in corso


Palomba:"Al ministro Severino diciamo che se il problema era quello di punire i concussi per induzione bastava aggiungere all'attuale articolo 317 del codice penale, lasciandolo integro, un semplice comma: nel caso di concussione per induzione colui che indebitamente dà o promette al pubblico ufficiale o all'incaricato di un pubblico servizio denaro o altra utilità "é punito con la reclusione da...". L'Europa non ci chiedeva niente di più, anzi, ci invitava a rendere più efficace il contrasto alla corruzione e alla concussione. Ci chiedeva di punire anche il concusso per induzione, e non di abbassare la guardia" così Federico Palomba, capogruppo di IDV in Commissione Giustizia alla Camera, commenta l'intervista al ministro della Giustizia Paola Severino.
"Cosa che si sarebbe ottenuta, ad esempio, punendole allo stesso modo, come l'Italia dei Valori ha proposto, e non punendo assai meno severamente la concussione per induzione, facendola diventare un diverso reato che si prescrive in dieci invece che in quindici, cosicchè molti processi moriranno. Il pimo beneficiario, temporalmente prima di Berlusconi per il caso Ruby, sarebbe Penati, le cui concussioni per induzione commesse entro il 2002 sarebbero già prescritte" spiega Palomba che aggiunge: "ma quanti sarebbero i processi prescritti? Attendiamo ancora la risposta dal ministro".
"Italia dei Valori è al fianco dei magistrati di Milano e confida che l'intera ANM sollevi alta la sua voce e che il CSM, solitamente pronto a dare pareri sulle leggi, si pronunci subito su questo provvedimento che depotenzia il contrasto alle mazzette e falcidierà processi in corso. Siamo ancora in attesa di una risposta alla nostra domanda: perchè provocare una moria di processi ed un terremoto nelle aule giudiziarie, dove le difese scateneranno l'inferno per farla fare franca ai propri assistiti?" aggiunge il capogruppo IDV in commissione Giustizia.
"Quanto alla fiducia sul provvedimento, non solo il Governo, ma anche i partiti che voteranno a favore si prenderanno le loro responsabilità se non avranno dato esauriente risposta alle nostre domande. Perchè l'unica cosa su cui siamo d'accordo con la ministro Severino é che la giustizia non può essere merce di scambio, sulle quali sono intercorsi frenetici incontri in stanze felpate cui siamo rimasti estranei. A questo punto, possiamo sapere su che cosa si tentavano gli scambi?" conclude Palomba. il ddl anticorruzione falcidierà i processi in corso

PER ALTRE INFO:
http://www.italiadeivalori.it/index.php

l'Italia negli anni: storia della nostra economia

Indagini della Dda e processo per truffa: guida la commissione scuola – Il Fatto Quotidiano

Indagini della Dda e processo per truffa: guida la commissione scuola – Il Fatto Quotidiano

Indagini della Dda e processo per truffa: guida la commissione scuola

Succede alla Regione Lazio. Il consigliere eletto dai colleghi del centrodestra è Romolo Del Balzo, Pdl, il cui nome è rimbalzato più volte nei fascicoli di inchiesta della Procura di Roma sul caso Fondi, il comune sciolto per mafia. Un anno e mezzo fa fu anche arrestato per una vicenda di appalti per la gestione dei rifiuti

Blockupy Frankfurt: European mobilization on May 16-19

This May, the squares will explode in a frenzy of popular resistance against the diktat of finance capital — and Frankfurt will be one of our key battlegrounds.


Via the Interventionist Left in Germany
International Solidarity versus Crisis, War & Capitalism
Ready, Steady, Go!
Come to Frankfurt. Join the action days from 16th to 19th May 2012:
Fight the dictate of Troika, EU Commission, European Central Bank (ECB) and International Monetary Fund (IMF).
Under the slogan Rien ne va plus! we will block one of Europe’s most important financial centers. In thousands we will send a visible signal of global solidarity – against crisis, war and capitalism.
We place our actions and protests in the context of the progressing struggles for self-determination, freedom and dignity all over the world — such as the uprisings and revolutions of the Arab Spring, the social struggles and general strikes in Greece, the indignados movement in Spain and the worldwide protests of the Occupy movement. We are not alone and our voices can be heard all over the world.
During the past few years, capitalism has been through one of its toughest crisis ever and the mother of all questions is back on the agenda: how much longer will the world be able and willing to pay for this system? Even here in Germany, it is time for rebellious movements: loud, resolute, challenging and anti-capitalistic:
“There is no such thing as society”
Currently, the EU has to accept the end of its ideology of unlimited growth and competition. In response to the rampaging instability of the EU system, the IMF, ECB and European Commission have simply declared war on any kind of social security. Margaret Thatcher, the dinosaur among neoliberals, once said that “there is no such thing as society”. A strategy that runs like a red thread through recent history, the negation of society was the ideological basis for the military coup in Chile in the early 1970s, and it is a crucial element of the current EU dictates against Greece.
From the point of view of the ruling system, such an approach is only logical: the European project has always been an imperial project — integrative and at the same time authoritarian in terms of domestic policies, and aggressive on a global level in its attempts to reduce trade barriers and to enhance the military effectiveness of the EU as a global player. The EU confers the freedom of movement only to its own citizens. External borders, however, have long been sealed off and restrictive, while brutalizing refugee policies have always been integral part of the European apartheid.
Under these circumstances, people in Greece have never had and will never have a chance. Even the ruling class knows that, eventually, all technocratic attempts to overcome the crisis will fail. Only opposition movements will be able to develop new social and political solutions. Society has to re-invent for itself. The solution, not only for Greece, is the insurgent community.
The euro crisis is also a lesson about Germany’s dominance within the EU. That is why we want to put the focus of the action days on defying the principles of national competitiveness and national consensus. Not only is Germany imposing harsh austerity and restructuring programs on countries on the periphery of Europe, but it also benefits from these programs. The massive armament activities of Greece, with Germany being an important business partner, are among the principal reasons for the national bankruptcy of the country, and one condition for the “EU assistance” is for Greece to settle its debts arising from weapon deals. Not even one cent of these billions of euros will reach the Greek people.
Furthermore, Germany is the economic superpower at the heart of Europe and the informal boss of the EU. It makes all the other EU countries feel its dominant position. This arrogance has triggered the ongoing Greek-bashing campaign mainly pushed forward by the BILD-Zeitung, Germany’s least serious tabloid, but not only by the tabloid: in February 2010, the CEO of Bosch (a multinational corporation) and other German managers called for the exclusion of Greece from the EU because the country is “run-down and an unbearable burden for the supportive society.”
Global Crisis – Global Solidarity
What we are facing is not just the euro crisis and galloping national debts — what we are dealing with is a severe crisis that has been going on for decades and is responsible for the devastating living conditions of an ever-growing number of people, particularly in the Southern hemisphere. People starve to death, die of curable diseases, live on the streets or on garbage dumps. It is more than obvious that capitalism neither satisfies the basic needs of the majority of the world’s population, nor respects their right to live in dignity.
This major problem, however, has never been a crucial aspect in global politics. On the contrary, the focus of institutions such as the IMF, World Bank, G8 and NATO lies on “crisis management” and security policy because the global crisis has always been a crisis of imperial dominance and hegemony. From this point of view, the euro crisis, like the war on terror, is only about preserving the current system and making sure that everything works smoothly at whatever price.
In this context, we have to consider the entire picture: the war on Afghanistan and the European process, Camp X-Ray in Guantanamo and the war on refugees in the Mediterranean Sea, the centers of well-being and the regions that live in precarity and lawlessness, capitalist waste economy and the destruction of social and political values through the omnipresent power of the market. Everybody can see that this system is heading straight into a dead end.
However, if we search the reasons for the crisis in misguided economic policies, the greed of speculators or the criminal activities of American rating agencies we do not only kid ourselves but also produce pseudo-criticism of capitalism and enhance the idea that there is such thing as “good capitalism”. Taking refuge in the comforting theory that what we are facing is one of the “normal” crises of the capitalist system does not help either, as this has been used to back up a considerable number of recent political decisions on war or imperial expansion. Consequently, if we want radical changes, we have to radically review all explanations that seem too simple, incorrect or even full of anti-Semitic stereotypes.
To talk capitalism means to think globally

 
Capitalism in the Western industrialized nations means the synthesis of the whole territory, including industrialized agriculture, highways, soulless housing estates, job agencies, commercialized wild-life parks and event management, the human being as an entrepreneur without relationships. The same capitalism in global terms still means: distribution wars, repression, disempowering the population, putting entire regions under a permanent state of emergency.
Thus it is obligatory for everyone who claims the right to individual and social self-determination to question the system as a whole. “Real democracy” will work only without capitalism; there is no longer an alternative. After a long absence, the concept of revolution has been put back on the agenda by the Arab Spring. Not only the political conditions in Tunisia and in Egypt have been turned upside-down, but the society itself. People have learned that basic social changes are possible; they got back the freedom and the dignity to decide on their own futures. And this is only the beginning.
We hope to see you in Frankfurt and are looking forward to it as a next step in international mobilizations after the G8 in Heiligendamm 2007 and the NATO summit in Strasbourg 2009. We all need such events that pool our forces into efficient action because mass civil disobedience promotes emancipatory processes and collective opposition.
The imperial power already retreats from public places as possible spaces for protest and riots. After the announcement that protests will take place against the summits of G8 and Nato on 18th – 21st May , Obama has declared to move the meeting from Chicago to Camp David.
Let’s go. Take the square!



Does business occupy a privileged position in capitalism? Why do indebted countries not default more often? And do we really live in a democracy?

Over the past year, in addition to setting up, editing and writing for ROAR, I have kept busy with research for a PhD thesis at the European University Institute in Florence, Italy. My project, which investigates the structural power of the financial sector in sovereign debt crises, takes a comparative-historical perspective and looks at the evolution of debtor-creditor relations in contemporary capitalism — from the 15th century until today — and with a particular focus on three major debt crises in the neoliberal era: Mexico in the 1980s, Argentina in 1999-’02 and Greece in 2009-’12.
While I haven’t started the research itself (I’m off to Mexico for the first round of fieldwork later this summer), I have written two papers that deal with the broad thematics of my topic. One looks at the ‘invisible hand’ of the financial sector in sovereign debt crises; the other at business power in democratic capitalism. Since I spent quite a bit of time writing these assignments that no one other than my supervisor will read, I decided to publish them on ROAR for public consumption. Those of you who want to get a more in-depth perspective on some of the themes we’ve covered on ROAR might find this interesting.
I have posted the abstracts of the papers along with a link to the PDF files below. I welcome any comments, criticisms and witticisms you may have. More importantly, if you have any academic writings to send us (2,000-10,000 words), we would be happy to consider publishing them in the ROAR Working Paper series. We accept contributions on topics related to any of the ROAR thematics (see categories in left-hand sidebar). Send me an email here.
N.B.: If you get a blank document when downloading the PDF files, please try using another browser. We’re having some compatibility issues, especially with Safari. Chrome and Firefox should work.

Structural Power: The ‘Invisible Hand’ of the Financial Sector in Sovereign Debt Crises


Adam Smith once argued that an ‘invisible hand’ guides economic activity in the free market. In response, Joseph Stiglitz quipped that the hand is only invisible because it is not there. In this paper, I will argue that the invisible hand does exist – it just does not regulate economic activity as much as it influences the political process. Building on the work of Susan Strange, I aim to demonstrate how three decades of structural change in the global political economy have greatly enhanced the structural power of the financial sector, with important consequences for the (mis)management of sovereign debt crises. The goal of the paper is to answer a simple question as posed by Eichengreen (2002): “why aren’t there more debt restructurings?” To answer this question, I will first outline why Eichengreen’s interpretation of crisis management is empirically questionable and theoretically insufficient. After briefly outlining the role of hegemonic neoliberal ideology in sustaining the interests of the financial sector, I will propose Strange’s notion of structural power as a theoretical construct that can help us overcome some of the shortcomings in mainstream scholarship on debt crises. Concluding with a brief case study, I will contend that Argentina’s critical default is entirely congruent with structural power analysis.

Download the full paper here.
The Political Economy of Business Power: Comparative and International Perspectives

Three decades since Charles Lindblom caused waves by arguing that business occupies a privileged position in democratic capitalism, interest in the study of business power appears to have all but evaporated from the field of comparative politics. This paper aims to contribute to its recent revival by resuscitating Lindblom’s central claims and placing them in a more global perspective. By means of two short case studies – on Europe’s policy response to climate change and the eurozone debt crisis – I aim to elucidate three core contentions: (1) business always has structural power, even when capital mobility is low; (2) in times of crisis, even if a policy area is of high salience and business appears to be losing out to societal pressure for regulation or redistribution, business still wields disproportionate influence in its ability to shape the form and efficacy of policy outcomes; (3) for a proper appreciation of the privileged position of business, we need to integrate Comparative Political Economy (CPE) and International Political Economy (IPE) into a unified political economy of business power. Finally, I aim to show that these claims are not incompatible with the persistence of business conflict and the possibility of business defeat

15M: a year on, the struggle of the indignados continues

Anniversary of 15-M movement marked by deepening crisis, massive bank bailout and fears of eurozone break-up. The indignation only grows stronger.
We are witnessing an remarkable convergence of historic currents. Today, as the indignados celebrate the first anniversary of a movement that shook the very foundations of Spanish society and sparked a global wave of occupations, the representatives of the Old World are once again gathering in Brussels and Berlin to discuss contingency plans for the increasingly likely break-up of the eurozone. As the old world crumbles, the new one struggles to be born.
Exactly a year after thousands of protesters swarmed into Puerta del Sol and set up an autonomous political space within the square, Spain has been dragged into the heart of the European debt crisis. The country’s borrowing costs spiked to their highest ever levels yesterday as financial markets trembled in the face of a silent run on the banks and an impending Greek exit from the eurozone.
Fearing that Spain might be next in line to need a bailout — or be forced out of the single currency — investors massively fled to the ‘safe haven’ of German bonds. At the same time, the indignados launched a campaign to close the public’s accounts at Bankia, the country’s largest real estate lender, which was bailed out with public money last week. At 10bn euros, the total cost of the bailout roughly equals the total cuts being made in the public education system.
As thousands gather for participatory assemblies in Puerta del Sol and squares across the country, the newly elected French President Francois Hollande flew to Berlin to meet with Angela Merkel and European finance ministers once again huddled together in Brussels to discuss the fate of the eurozone. The past days have seen a radical escalation of market panic as a deadlock in Greek coalition talks increased speculation about the break-up of the single currency.
This morning, the Guardian reported that “European leaders and financial markets brace for a Greek exit from euro,” noting that a “return to the drachma nears amid a political impasse in Athens and open discussion in Brussels of a possible end to the single currency.” Meanwhile, the Financial Times writes that “fears that the eurozone’s firewall will prove insufficient to shield Spain and other embattled countries against the effects of a possible disorderly Greek exit from the currency union hit European financial markets.”
With unemployment at a staggering 25 percent (over 50 percent for young people) and 350.000 families having lost their homes since 2007, the social crisis in Spain is increasingly starting to resemble that of Greece. According to the National Statistics Institute, over one in five Spaniards now live in poverty. Yet while the economy is rapidly contracting, the government still had the wit to announce the most radical austerity measures on the continent.
The fear among economists and the restive Spanish population is that the announced budget cuts will feed into a negative spiral, further reducing growth, raising unemployment and thereby feeding into further mortgage defaults and house evictions. With the Spanish banking system still ailing from the collapse of a massive real estate bubble, the deepening recession and deluge of defaults is likely to lead to more bank failures — and therefore more bailouts.
But the indignados will have none of it. Determined to create alternative networks of direct democracy, self-organization and mutual aid, the Spanish are organizing hundreds of events, workshops and thematic assemblies across the country today to disseminate public awareness about possible alternatives and discuss future pathways for the movement. With the spectacular images of hundreds of thousands gathering in Puerta del Sol last Saturday, the movement has clearly demonstrated that, far from fading away, popular indignation is only growing stronger in the face of this deepening crisis.
Last night, at the very well-attended general assembly in Puerta del Sol, one slogan continued to resonate from the crowds: “De Norte a Sur, de Este a Oeste, la lucha sigue, cueste lo que cueste.” From North to South, from East to West, the struggle goes on, whatever the cost. Here on the squares of Spain, as one historic current coincides with another, the New World struggling to be born slowly watches the old being torn asunder.

http://www.youtube.com/watch?v=P7C0_Gf0GR8&feature=player_embedded