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venerdì 17 agosto 2012

FEMEN - PUSSY RIOT : il mondo femminile lotta per l'affermazione


di Gabriella Dal Lago.
dal sito : RETRO'
Udite udite, il nudo non è più solo un mezzo per fare pubblicità, ma può diventare un modo per protestare.
È proprio sfilandosi la maglietta e girando in topless “come mamma le ha fatte” che le FEMEN fanno sentire la loro voce, il corpo pieno di scritte e disegni. E qualche giorno fa hanno creato sgomento anche alla sfilata milanese di Versace, che proprio durante la settimana della moda presentava la sua collezione femminile autunno- inverno 2012/2013.
Le belle e ribelli FEMEN si sono presentate all’entrata della sfilata, seminude e più arrabbiate che mai: tra urla e striscioni, hanno intonato il mantra FASHION IS FASCISM.
Ma per comprendere la loro protesta bisogna forse fare un salto indietro, alle origini del movimento, a ciò che tiene saldo alla base il gruppo di attiviste.
Le FEMEN nascono a Kiev intorno al 2008; il gruppo di protesta ucraino è composto da donne che fanno del topless la loro forma di protesta. Giovani e determinate, le ragazze coltivano il sogno una rivoluzione femminista che porti alla ribalta i valori delle donne, e permetta di risvegliare le loro coscienze di fronte allo sfruttamento d’immagine che i loro corpi subiscono all’interno della società.
Gli obiettivi principali di protesta delle FEMEN sono il turismo sessuale, le discriminazioni sociali e sì, il mondo della moda.
Secondo le promotrici del movimento, la moda altro non è che un’orrenda macchina che lascia intrappolate e stritolate donne che diventano schiave di un’immagine da cercare e perseguire a tutti i costi. Ecco perché le FEMEN si tatuano addosso la scritta ANOREXIA seguita da un enorme teschio, e tendono il loro agguato proprio a Milano, dove la moda fa da protagonista in questi giorni.
Il loro modus operandi ha scatenato le reazioni più disparate nell’opinione pubblica; in molti casi le FEMEN sono state considerate alla stregua di pazze esaltate, e addirittura tacciate di pornografia. (Insomma, pubblicizzare un’auto servendosi di modelle seminude è moralmente corretto, ma mostrare il seno per i propri diritti è pornografia…).
Ma le FEMEN non si sono fermate, e non si fermano; arrestate più volte a seguito delle loro proteste, le ragazze senza maglietta continuano a girare il mondo, tenendo un blog e degli aggiornamenti costanti su twitter (tutto però rigorosamente in ucraino…), e raccogliendo fan e sostenitori anche nel pubblico maschile (e nella categoria “fan” non intendo far entrare i curiosi che immortalano le loro esibizioni con il telefonino).
Cosa si nasconde dietro le FEMEN? Il gruppo di ragazze dalle misure perfette e dal curriculum impeccabile (la maggior parte di loro vanta titoli di studio prestigiosi) proclama la propria indipendenza da qualsiasi organizzazione politica. Semplici donne che hanno fatto del loro seno una pistola in grado di sparare su tutto e su tutti.
Dopo aver invaso anche la trasmissione di Chiambretti, in onda la domenica sera su La7 (durante la quale gli autori hanno trovato divertente architettare un arresto finto ai danni delle tre ragazze in studio…), le FEMEN ora tornano a casa, pronte a spogliarsi per altre ingiustizie, in giro per l’Europa.
Sasha Chevichenko, una delle attiviste/femministe, dichiara di aver tatuato vicino al seno la frase “ il mio corpo è un arma, un’arma molto potente”.
Qualcosa su cui tutti dovremmo riflettere, durante la settimana della moda, in cui il corpo femminile diventa una gruccia; ma anche durante il resto dell’anno, quando quest’arma molto potente viene messa in vetrina, e diventa solo carne da macello.

Per i diritti delle donne.


di Miriam Barone.
Finalmente qualcosa si sta smuovendo anche nei Paesi più arretrati.
Dopo aver conosciuto la battaglie delle Femen, e di altri numerosi gruppi meno famosi che si impegnano per i diritti delle donne, ora anche in Pakistan è arrivata un’ondata di protesta.
Il 19 febbraio scorso si è svolta, infatti, quella che è stata definita come la più grande manifestazione femminista di sempre, organizzata dal partito “Muttahida Quami Movement”. L’evento è stato memorabile non solo per l’enorme numero di partecipanti, bensì anche per il ruolo giocato dallo stesso Pakistan, conosciuto come uno dei paesi mondiali più arretrati nel fronte dei diritti umani, soprattutto di donne e bambini (perché, come è risaputo, in alcune culture gli uomini spesso non hanno bisogno di avere diritti scritti, tanto sono inalienabili).
Forse si può sperare che chi si batte per i pari diritti delle donne non sia messo a tacere con le buone o meno.
Il movimento è stato chiamato “Empowered women, strong Pakistan”, e faceva mostra di sé con centinaia di striscioni che sventolavano dicendo “Basta alle violenze domestiche!”, “Condanniamo le violenze!”. Perché se nei nostri Paesi in cui le donne hanno pari dignità degli uomini, almeno formalmente, almeno in alcuni ambiti, e la violenza è vista come uno dei crimini più subdoli e gravi che un individuo possa compiere verso una donna, in Pakistan non è così.
In Pakistan vigono ancora il diritto d’onore (ma l’onore di chi? Dell’uomo?) e i matrimoni combinati spesso in piccola età. Ovviamente, essere una sposa quattordicenne di un uomo molto più vecchio di te, mentre le tue coetanee occidentali si ribellano ai genitori ed escono con le amiche, non ti mette in una posizione di superiorità. Anzi.
Il mondo ora guarda con speranza a questo evento, speranza riposta soprattutto nella forza non fisica delle donne, e nella possibilità che si uniscano a questa lotta anche le autorità religiose e politiche, al fine di abbattere una tradizione obsoleta e drammatica.

In barba alle quote rosa, una pausa d'ammirazione per attiviste Femen e Pussy Riot (corriere nazionale .it )

Attivista delle Femen in arresto a Londra lo scorso 2 agosto  ( Foto: Reuters)
Attivista delle Femen in arresto a Londra lo scorso 2 agosto ( Foto: Reuters)
Se fossero italiane, sarebbero poco interessate alle “quote rosa” introdotte qui e là per decreto per consentire, come ha detto la Fornero, “l’effettiva partecipazione delle donne a momenti decisionali”: le donne di Femen hanno trovato la maniera per imporsi sulla scena mondiale e sembrano intenzionate a dare vita a un vero e proprio partito politico.
Le attiviste ucraine in topless non perdonano. Sono scese in piazza per la riforma del sistema sanitario ucraino e contro quella delle pensioni; contro la prostituzione e a favore dell’aborto; per il diritto alla guida delle donne saudite e in difesa di reporter accusati di spionaggio; contro gli Europei di calcio e e la crisi economica internazionale.
Hanno manifestato a Davos, a Parigi e persino in Vaticano. Da ultimo a Londra e contro la sharia. Hanno protestato per l’arresto della Timoshenko e contro Lukashenko, Strauss-Khan o Putin. Sì, quel Putin preso di mira anche dalla dissacrante preghiera ("Oh Madonna, liberaci da Putin"), che le ragazze della band punk russa delle Pussy Riot osarono cantare in una cattedrale moscovita, finendo in carcere e sotto processo.
 Le pressioni di Amnesty International, di artisti di tutto il mondo e - toh! - delle attiviste di Femen, hanno “ammorbidito” lo stesso presidente russo, che, ai giornalisti riuniti nella capitale britannica, ha detto: “Non c'è nulla di buono nella performance delle Pussy Riot, ma non penso che debbano ricevere una condanna troppo dura”.
AZIONI DI SOSTEGNO:

Partecipa alla giornata globale di protesta a sostegno delle Pussy Riot! QUI > TUTTI GLI APPUNTAMENTI http://freepussyriot.org/
  Il 17 agosto ci sarà la sentenza al processo-farsa contro le Pussy Riot, imputate per "teppismo aggravato dall'odio religioso". La richiesta è di 3 anni ai lavori forzati, e per cosa? per aver cantato "Vergine Maria, liberaci da Putin".
Chiediamo a tutti, in questa settimana, un piccolo gesto: postare tutti un'immagine, un link, un video in loro favore.. ma soprattutto il 17 ago...
sto: TUTTI INSIEME, un segno per loro nei profili e nelle bacheche.
 E nei vostri blog, se li avete! Ricordiamoci che la loro vera colpa non è certo la panzana "dell'odio religioso". Il loro vero crimine si chiama "odio per un regime totalitario e sanguinario, e coraggio di dire la verità sulla compromissione dei vertici della Chiesa ortodossa nei confronti del dittatore Putin". Ah si, e poi c'è il modo MALEDUCATO di dirlo: voci alte e gambe "alzate in alto" (questo fa parte del capo di accusa), e capiamo che per alcuni sia anche BLASFEMO (alle donne non è nemmeno consentito di salire sull'altare, nella Chiesa ortodossa; in più nel ritornello della canzone c'era qualche parolaccia). Ok, una bella multa per non aver rispettato regole di comportamento ci starebbe; ma ci sembra un po' pochino per spedire la gente ai lavori forzati.
In sintesi vi chiediamo di:
1. partecipare all'evento e diffonderlo, far conoscere gli appuntamenti della giornata globale, e dare un segno sulle vostre bacheche, e/o nelle immagini dei vostri profili
2. firmare l'appello di Amnesty: http://www.amnesty.it/
russia-pussy-riot-processo
3. firmare la petizione a Putin: https://www.change.org/

petitions/
president-vladimir-putin-free-pussy-riot
Grazie.
NB • Putin ha chiamato Madonna (che al suo concerto di Mosca si è schierata per le ragazze) "puttana figlia del diavolo", il che, detto da lui, suona comicamente surreale. Come se Hitler tacciasse Elton John .. o che ne so, Marilyn Manson di "checca immoraie figlia del nazismo". Come se il Diavolo in persona facesse la morale a un taccheggiatore di supermercati. Sono pulpiti tragicomici.
Come dicono bene i mille "santini religiosi", con Madonne compassionevoli e femministe, che stanno fioccando in difesa delle Pussy Riot, qui i veri diavoli sono i preti venduti e il loro burattinaio Putin: uno che riempie i suoi lager di gay e dissidenti - quando non vengono ammazzati col polonio o con un colpo in fronte. https://www.facebook.com/
https://www.facebook.com/

Russia: Pussy Riot sotto processo!

Data di pubblicazione dell'appello: 02.08.2012 - Status dell'appello: aperto

UA: 122/12 Index: EUR 46/030/2012


Pussy Riot ©Игорь Мухин
Pussy Riot ©Игорь Мухин
Il 30 luglio, è iniziato il processo alle tre componenti del gruppo punk femminista Pussy Riot presso il tribunale distrettuale Khamovnicheskii di Mosca. All'udienza preliminare del 20 luglio, il tribunale ha prolungato di sei mesi la detenzione delle tre ragazze. Gli avvocati hanno presentato un appello. Maria Alekhina, Ekaterina Samusevich e Nadezhda Tolokonnikova, tre componenti del gruppo punk russo Pussy Riot, sono sotto processo a Mosca per il reato di "vandalismo per motivi di odio religioso" e rischiano fino a sette anni di carcere per aver cantato un brano di protesta, a febbraio, nella principale chiesa ortodossa della capitale della Federazione russa. Gli avvocati di Nadezhda Tolokonnikova, Maria Alekhina e Ekaterina Samutsevich hanno presentato diversi ricorsi contro la detenzione delle tre ragazze, ma sono stati respinti. Il 9 luglio, il tribunale municipale di Mosca ha accolto l'argomentazione dell'accusa secondo la quale il crimine era grave e potevano scappare. Il tribunale non ha tenuto conto del fatto che oltre 50 personalità del mondo della cultura e uomini d'affari in Russia avevano accettato di garantire per la loro cauzione. L'ufficio del procuratore ha firmato un atto d'accusa e ha trasmesso il caso al tribunale l'11 luglio, dopo aver ricevuto la documentazione degli investigatori. Il 4 luglio, il tribunale distrettuale di Taganskii ha accettato la richiesta degli inquirenti di limitare al 9 luglio il termine ultimo entro il quale le tre donne e i loro difensori avrebbero potuto familiarizzare col fascicolo e preparare la difesa. Il giudice non ha preso in considerazione le obiezioni degli avvocati che hanno considerato insufficiente il tempo a disposizione per preparare una difesa approfondita. Gli avvocati e le imputate hanno avuto a disposizione il fascicolo di circa 3000 pagine e 10 ore di registrazioni video solo per tre o quattro ore al giorno, dopo di che questi materiali venivano riportati al centro di custodia cautelare. Le imputate hanno dovuto lavorare separatamente e senza poter fare delle fotocopie. Durante la seconda parte dell'udienza preliminare, il 23 luglio, il giudice ha concesso agli avvocati tempo fino al 27 luglio per familiarizzare con i materiali del caso e preparare la loro difesa, ma ha respinto le loro richieste di rinviare il caso per ulteriori indagini e per ascoltare testimoni, tra cui il presidente Putin e il capo della Chiesa ortodossa russa. Il tribunale ha respinto la richiesta della difesa di consultare altri esperti di psicologia e linguistica per stabilire se le azioni delle tre donne abbiano realmente incitato all'odio religioso. Due dei tre rapporti commissionati ad esperti non hanno trovato elementi a sostegno delle accuse, contrariamente al terzo.


Esteri
30/07/2012 - il caso

"Pussy Riot", la punk band
che spacca in due la Russia

Oggi inizia il processo contro
le tre ragazze che dal palco attaccarono il presidente Putin

mark franchetti*
mosca
In un tribunale di Mosca comincia oggi uno dei più attesi processi degli ultimi tempi. Pochi casi legali hanno tanto diviso la società russa e allo stesso tempo rivelato così tanto sullo stato del Paese.

Sul banco degli imputati ci sono tre giovani donne, Maria Alyokhina, Nadezhda Tolokonnikova ed Ekaterina Samutsevitch. Fanno parte di Pussy Riot, una punk band d’opposizione tutta al femminile che fino all’anno scorso era praticamente sconosciuta, ma ora è diventata il gruppo musicale più famoso della Russia.

Le tre giovani donne, due delle quali sono madri di bambini piccoli, sono in prigione da cinque mesi. Sono state arrestate dopo che le Pussy Riot hanno messo in scena una performance molto controversa all’interno della cattedrale di Cristo Salvatore, la più grande chiesa ortodossa della Russia, dove il presidente russo Vladimir Putin assiste alle messe di Natale e di Pasqua. Un filmato dell’evento mostra quattro componenti della band, volti coperti da passamontagna a colori vivaci, che ballano e cantano presso l’altare della chiesa mentre gli addetti della chiesa e della sicurezza, choccati, cercano di fermarle.

La «preghiera punk» della band era diretta contro Putin e gli stretti legami politici della Chiesa ortodossa con il Cremlino. «Il capo del Kgb», un riferimento alla carriera di Putin nella polizia segreta sovietica, «è il loro santo capo, conduce i manifestanti in carcere in convoglio», recita uno dei testi cantati dalla band. «O Madre di Dio», canta il coro delle ragazze in un appello alla Vergine Maria, «sbarazzaci di Putin, sbarazzaci di Putin, sbarazzaci di Putin». Le tre ragazze sono imputate per atti di teppismo. Se condannate, un verdetto atteso da molti, rischiano fino a sette anni di carcere, anche se la maggior parte degli esperti legali concorda sul fatto che non abbiano violato alcuna legge. Ma tutte le richieste per il loro rilascio su cauzione sono state respinte.

Il caso ha scatenato aspre dispute sulla libertà di parola e sulla stretta relazione tra la Chiesa ortodossa russa e il Cremlino. Ha anche diviso l’opinione pubblica: da una parte le richieste di clemenza, dall’altra di severe punizioni. Molti fedeli, pur condannando la prodezza davanti all’altare, ritengono che le tre donne dovrebbero essere liberate. Altri, come il Patriarca Kyrill, il capo della Chiesa che, prima delle elezioni presidenziali aveva definito i 12 anni al potere di Putin come «un miracolo divino», hanno dimostrato poca pietà. Kyrill ha etichettato la prodezza delle Pussy Riot come un sacrilegio e severamente criticato i fedeli che hanno invocato il perdono. «Il mio cuore si spezza per l’amarezza pensando che tra queste persone c’è chi si definisce ortodosso», ha detto il Patriarca.

Il Cremlino sembra determinato a fare delle ragazze un caso esemplare. Gli appelli di alcune tra le celebrità più famose della Russia, inclusi alcuni sostenitori di Putin, finora sono caduti nel vuoto. Nessun altro caso ha polarizzato così duramente l’opinione pubblica russa, come quello delle Pussy Riot. C’è chi pensa che dovrebbero bruciare all’inferno e chi le vede come vittime di uno stato repressivo. Sconosciute pesino in patria fino pochi mesi fa, grazie al processo le Pussy Riot ora stanno diventando famose anche in America. In vista del processo di oggi una campagna d’alto profilo per liberarle sta ottenendo il sostegno di alcune delle più famose popstar del mondo. La settimana scorsa Sting, alla vigilia di due concerti in Russia, ha dato il suo sostegno alla condanna di Amnesty International per la detenzione delle ragazze: «È spaventoso, le musiciste di Pussy Riot rischiano pene detentive fino a sette anni di carcere. Il dissenso è un diritto legittimo e fondamentale in ogni democrazia e i politici moderni devono accettarlo e tollerarlo. Il senso delle proporzioni - e dell’umorismo - è indice di forza, non un segno di debolezza. Spero che le autorità russe lasceranno completamente cadere queste false accuse e permetteranno alle donne, a queste artiste, di tornare alla loro vita e ai loro figli». All’inizio del mese i Red Hot Chili Peppers hanno tenuto un concerto in Russia indossando T-shirt che chiedevano la libertà per le Pussy Riot. Anche la band britannica Franz Ferdinand ha espresso sostegno per la band punk di protesta, i cui membri salgono sempre sul palco con passamontagna colorati.

Gli avvocati delle tre ragazze - che respingono le accuse - vogliono chiedere aiuto a Madonna, che il mese prossimo terrà due concerti in Russia. «Lei potrebbe attirare l’attenzione di persone molto potenti a livello internazionale che potrebbero sollevare la questione con le autorità russe», ha dichiarato Mark Feigin, uno degli avvocati delle Pussy Riot. L’icona del pop americano non si è mai tirata indietro nelle critiche alle autorità russe, promettendo in anticipo di denunciare una legge anti-gay a rischio di arresto durante il suo prossimo concerto a San Pietroburgo.

Feigin dice che Anthony Kiedis dei Red Hot Chili Peppers aveva già discusso il caso con Madonna, e ha anche scritto a Bono degli U2 sulla sorte delle ragazze. «Quello che hanno fatto le ragazze è stato stupido e provocatorio», ha detto uno dei fan delle Pussy Riot. «Ma la reazione dello Stato è incredibile. A giudicare dal modo draconiano in cui sono trattate si potrebbe pensare che il Cremlino ha un intero reparto che funziona giorno e notte per trovare il modo di sporcare l’immagine della Russia. Se volete capire quanto male stanno andando le cose in Russia guardate questo processo».

*Corrisponente da Mosca per il Sunday Times di Londra
Traduzione di Carla Reschia

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