Se nella Sanità pubblica i tagli del Governo Berlusconi sommati a quelli del Commissario liquidatore Bondi arriveranno a 20 miliardi di euro al 2014, con un ulteriore taglio di 80.000 posti letto, la traduzione immediata di spending review non può essere che svendita della sanità pubblica!
La pagheranno sulla propria pelle gli anziani e i bambini, per i quali l'associazione dei pediatri ha diffuso in queste ore un appello accorato al Governo.
La pagheranno le donne, ammazzate ormai una ogni tre giorni, con la riduzione di altri servizi territoriali, dall'assistenza al trasporto pubblico locale, dai consultori ai centri antiviolenza. Certamente
la pagheranno i lavoratori e le lavoratrici del pubblico impiego, che il centrodestra ha delegittimato quotidianamente per coprire l'assenza di un'azione concreta di riforma della Pubblica Amministrazione, a partire dalla lotta al clientelismo e alla corruzione così ben presidiati in aula dai suoi rappresentanti in questi anni.
In questa ostentazione di tecnicismi è stato evocato un "benchmark" di riferimento per ridurre i costi del servizio sanitario nazionale a parità di servizi, come se il costo del lavoro fosse indifferente ai tagli, ma non si è parlato mai per esempio dei LEA, ovvero dei livelli minimi di assistenza che un servizio universalistico deve garantire a tutti i cittadini ovunque ricevano una prestazione, nè delle patologie che la crisi e l'abbassamento delle spese delle famiglie per le cure primarie o l'alimentazione stanno determinando.
Eppure il macete di Bondi ha risparmiato gli F35, gli evasori fiscali, i detentori delle grandi rendite e patrimoni, i capitali esportati illegalmente all'estero, insomma i soliti noti.
IdV contesta l'impostazione e le cifre di questa manovra aggiuntiva di fine estate, che assesta un colpo micidiale al welfare e soprattutto alle giovani generazioni esposte al rischio della povertà da decenni di precarizzazione selvaggia. Siamo convinti di interpretare il sentimento diffuso del paese, e in nome di quello daremo battaglia
tratto da IDV
La spending review in 22 punti, brevi
Le cose da sapere sul decreto del governo per ridurre la spesa, dalla sanità alla scuola passando per gli uffici della pubblica amminis
Dopo un lungo Consiglio dei ministri, ieri sera il governo Monti ha presentato il decreto legge sulla cosiddetta “spending review”, la riduzione della spesa nel settore pubblico. Il nuovo provvedimento, che è stato varato sotto forma di decreto legge, dovrebbe consentire un risparmio iniziale di 4,5 miliardi di euro per quest’anno. Salvo cambiamenti, ha spiegato il governo, nel 2013 il denaro risparmiato dovrebbe essere pari a circa 10,5 miliardi di euro. Le nuove risorse economiche ottenute con la “spending review” – cui ha principalmente lavorato il commissario per la razionalizzazione della spesa Enrico Bondi nominato dal governo a fine aprile – dovrebbero escludere l’aumento automatico dell’aliquota IVA dopo l’estate, evitando altre conseguenze pesanti sui consumi. Il denaro risparmiato sarà anche utilizzato per la copertura di altre 55mila persone in attesa di tutele previdenziali, i cosiddetti “esodati”.
Questa mattina, inoltre, un nuovo Consiglio dei ministri ha approvato il decreto legislativo di revisione delle circoscrizioni giudiziarie: in quel campo è stato previsto l’accorpamento di 37 tribunali e di 38 procure e la soppressione di 220 sezioni distaccate di tribunali.
Le soluzioni adottate dal governo per ridurre la spesa sono numerose e introducono importanti novità o provvedimenti attesi da tempo, e su cui si discute da anni. Abbiamo riassunto le cose più importanti da sapere per farsi un’idea sulle decisioni del Consiglio dei ministri.
1. Salvo non siano state trovate condizioni più vantaggiose, per la Pubblica Amministrazione sono validi solo i contratti attivati tramite Consip, la società che funziona come “centrale acquisti” del ministero dell’Economia. Il settore sanitario è escluso e ha un suo regolamento.
2. Nel caso dei contratti già in corso, le amministrazioni possono tirarsi indietro se i fornitori non adeguano le loro prestazioni alle migliori condizioni previste da Consip.
3. I ministeri applicano già da quest’anno sistemi di riduzione della spesa per quanto riguarda l’acquisto di beni e servizi.
4. La prevista riduzione del personale nella pubblica amministrazione non riguarda la scuola, la sicurezza, i soccorsi e la magistratura.
5. I ministeri dovranno ridurre del 20 per cento il numero dei dirigenti e del 10 per cento i dipendenti. È previsto anche l’obbligo di razionalizzare le risorse, riordinando le competenze ed eliminando le duplicazioni.
6. Per le Forze armate è prevista una riduzione degli organici di almeno il 10 per cento.
7. I dipendenti in eccesso della pubblica amministrazione potranno usufruire del prepensionamento, a patto di avere maturato i requisiti necessari prima che entrasse in vigore la riforma delle pensioni. In alternativa il dipendente potrà andare in mobilità per due anni con l’80 per cento dello stipendio e rimarrà senza impiego se non sarà stato collocato in un’altra amministrazione.
8. Per le auto della pubblica amministrazione (le cosiddette “auto blu”) è richiesta a partire dal 2013 una riduzione della spesa pari al 50 per cento rispetto a quanto si spendeva nel 2011. La regola non si applica o si applica con eccezioni per i mezzi di soccorso e di sicurezza.
9. I buoni pasto della pubblica amministrazione non potranno superare il valore di 7 euro per buono, anche per i dirigenti.
10. Il personale della pubblica amministrazione deve andare in ferie: non è possibile lavorarle in cambio di trattamenti economici ulteriori.
11. Fino al 2014 non sarà applicato l’aggiornamento dell’indice ISTAT per gli edifici in affitto della pubblica amministrazione, il locatore avrà la facoltà di recedere dal contratto. È inoltre prevista la rinegoziazione dei contratti per ottenere una riduzione del 15 per cento sull’affitto.
12. Gli spazi usati come uffici dalle amministrazioni saranno ridotti: in quelli nuovi sono previsti tra i 12 e i 20 metri quadrati per addetto, in quelli vecchi tra i 20 e i 25 metri quadrati. Saranno anche ridotti gli spazi per gli archivi.
13. Sarà accelerato il sistema per la vendita degli appartamenti di servizio di proprietà dell’Esercito.
14. I consigli di amministrazione delle società a totale controllo pubblico dovranno avere solo tre membri, e due di questi dovranno essere dipendenti dell’amministrazione che detiene la partecipazione nell’azienda (o della società controllante in caso di partecipazione indiretta). Dal 2014 la pubblica amministrazione dovrà procedere all’acquisto di beni e servizi sul mercato tramite sistemi che tutelino la concorrenza, come previsto nel “Codice appalti”.
15. Per ministeri ed enti statali ci sono tagli per 1,5 miliardi quest’anno e per 3 miliardi nel 2013.
16. Sono soppressi numerosi enti e fondazioni, le cui competenze saranno nuovamente trasferite ai ministeri.
17. I trasferimenti dello Stato alle Regioni si riducono di 700 milioni di euro quest’anno e di 1 miliardo di euro nel 2013, fatta eccezione per le risorse necessarie per la sanità.
18. La riduzione delle province è prevista, sulla base della dimensione territoriale e del numero di abitanti, ma sarà affrontata con un provvedimento a parte entro dieci giorni dall’entrata in vigore del decreto sulla spesa. Qui trovate quello che c’è da sapere sull’eterna questione.
19. Le scuole avranno un sistema di tesoreria unica per tutte le risorse finanziarie depositate fino a ora nelle banche private. Il personale docente impiegato nelle scuole italiane all’estero sarà ridotto e razionalizzato. Il trasferimento di 23 milioni di euro alle Regioni eliminerà il problema del costo delle visite fiscali per le scuole. Il Corriere della Sera ha riassunto qualche altra misura economica che riguarda la scuola e sarebbe contenuta nel decreto (il cui testo integrale non è stato ancora reso pubblico), oltre ad alcuni annunci del ministro Profumo su diverse innovazioni tecnologiche nel settore per il futuro.
20. Le università non statali ricevono 10 milioni di euro, la metà di quanto stanziato in passato. Sono previsti 90 milioni di euro in più per il diritto allo studio. 103 milioni di euro sono stanziati per i libri gratuiti nella scuola secondaria di primo grado (le medie, alle elementari ci pensano già i Comuni).
21. I contratti di fornitura nella sanità saranno ridotti del 5 per cento, per quelli già in corso le aziende sanitarie potranno tirarsi indietro nel caso in cui i prezzi applicati siano più alti del 20 per cento rispetto a quelli di riferimento. Sempre in ambito sanitario, il Corriere della Sera (che ha pubblicato una bozza non definitiva del testo integrale del decreto) ha scritto che verranno ridotti gli organici degli ospedali e tagliati alcuni posti letto, stimati in 18-20 mila: i tagli, a cura delle regioni, verrebbero fatti tramite l’abolizione di primariati ritenuti inutili o ridondanti rispetto alle strutture già esistenti negli stessi ospedali.
22. Lo sconto obbligatorio applicato per la sanità pubblica aumenta già quest’anno: le farmacie dovranno applicarne uno pari al 3,85 per cento (prima era 1,82 per cento) e le aziende farmaceutiche sconteranno del 6,5 per cento (prima era 1,83 per cento).
tratto dal Post
Link :
Vediamo che cosa cambia con il nuovo decreto.
Sanità - Si salvano gli ospedali più piccoli. Viene, però, anticipato il taglio del 5% sull'acquisto di beni e servizi che doveva entrare in vigore dal 2013, con la rinegoziazione dei contratti in essere.
Relativamente ai farmaci, il governo ha optato per l'aumento dello sconto obbligatorio di farmacie e aziende farmaceutiche nei confronti del Servizio sanitario nazionale.
Province - Entro l'anno dovranno scendere a 50. Verranno create inoltre 10 nuove città metropolitane, (Roma, Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli, Reggio Calabria).
Istruzione - E' stata confermata la spesa di 103 milioni di euro che garantisce l'acquisto di libri scolastici da distribuire gratuitamente agli studenti.
10 milioni vanno alle Università non statali, con un taglio del 50%, mentre saltano invece i fondi per scuole private.
È stato previsto un aumento di 90 milioni di euro per il Fondo di intervento integrativo per la concessione dei prestiti d'onore e l'erogazione delle borse di studio, che verrà ripartito tra le regioni.
Statali - E' previsto un taglio a livello dirigenziale di almeno il 20% e di almeno il 10% dell'altro personale.
E' prevista, inoltre, una riduzione dello spazio previsto per gli archivi e per ogni impiegato: tra i 12 e i 20 metri quadrati a persona nei palazzi di nuova costruzione e tra i 20 e i 25 negli altri.
Le P.A. non potranno più usufruire delle consulenze di dipendenti pubblici in pensione.
I buoni pasto non potranno superare il valore nominale di 7 euro.
tratto da Economia e finanza
Spending review: l’improvvisazione al potere
Pronta la “spending review” de noantri con la quale fare i conti. E speriamo di farli un po’ meglio
Domande lecite. Occorreva nominare “supercommissario” Enrico Bondi per ottenere risparmi dagli appalti, rispolverando una norma di 9 anni fa che obbliga a pena di nullità a stipulare i contratti di appalto con la Consip? Era necessario inscenare la rappresentazione della spending review per ripristinare una sanzione, quella della nullità, insostenibile per i contraenti privati, tanto che 9 anni fa quella stessa norma venne abrogata dopo soli 8 mesi di vita?
Era necessario chiamare il risanatore della Parmalat per ribadire per l’ennesima volta il taglio alle dotazioni organiche delle amministrazioni pubbliche?Era proprio così poco evidente che la pubblicazione obbligatoria degli avvisi di gara sui giornali era totalmente inutile, costosissima ed una fonte indiretta di finanziamento degli editori?
Si potrebbe continuare. Per esempio, osservando che come tutte, ma proprio tutte le manovre di Tremonti, anche questa (inutile affermare che non si tratti di una “manovra”, lo è eccome, fatta dalle stesse menti di chi ha prodotto le precedenti, Grilli per primo) la metà dello sforzo finanziario viene scaricato su regioni, province (nonostante il deprofundis loro riservato) e comuni, ben 7,2 miliardi complessivi di tagli in due anni (e poi ci si stupisce se aumentano le imposte locali o se si azzerano i servizi).
Laddove la manovra non è frutto di estemporanee idee, a dir poco bizzarre, altro non è se non la ripetizione di vecchie ricette, vecchie norme, vecchie idee. Che con la “modernizzazione” della pubblica amministrazione non hanno nulla a che vedere.
Alcuni esempi. Il decreto predica la riduzione del 50% dei costi delle comunicazioni che le amministrazioni statali rivolgono ai privati tramite carta. Contestualmente, pochi giorni fa, il Ministro della Funzione Pubblica ha, però, disposto che gli uffici non possano effettuare telefonate “urbane” o ai cellulari. Sarebbe gentile se ci spiegassero, a questo punto, come gli uffici possano contattare telematicamente i privati, considerando che questi ultimi non sono tenuti ad avere un pc o un tablet o un account di posta certificata e, soprattutto, in assenza di una disciplina chiara sul valore legale delle comunicazioni telematiche pubblico verso privato. Specchietti per le allodole.
Ancora, il decreto, facendo molto contenti Stella e Rizzo (ma lasciandoli in parte delusi, perché il 50% delle province resta) potrà mostrare a tutti gli italiani, che sono caduti nella fola secondo la quale la riduzione o soppressione delle province faccia risparmiare 12 miliardi (qualcuno la spara grossa, sostenendo che il volume di spesa sia di 17, quando la stessa Bocconi di Monti ha chiarito che è poco più di 12…), lo “scalpo” delle province. “Le abbiamo dimezzate”, potrà urlare con entusiasmo qualcuno. Ma il risparmio? Zero, ovviamente. Dei 12 miliardi nemmeno la traccia, neanche le briciole o, per rimanere all’attualità, neppure un bosone.
Sì, perché per risparmiare quei soldi le funzioni delle province dovrebbero essere cancellate. Invece, tranne trasporti, strade e parte delle funzioni sull’ambiente, semplicemente le si sposta, frammentandole non si sa con quale criterio, verso i comuni. Sì quegli stessi enti che subiranno un taglio di 2,7 miliardi. Più competenze con meno soldi! La grande “ideona”.
E’ solo improvvisazione. Meno male che qualche atto di resipiscenza è intervenuto. Come sulle “ferie coatte”, una scelta assurda, che avrebbe fatto chiudere per due settimane all’anno servizi pubblici senza nemmeno, anche in questo caso, la stima di mezzo bosone di risparmio.
Era solo un modo per dire “dalli all’untore”, cioè il dipendente pubblico. Che viene, finalmente dirà qualcuno, coinvolto in processi di licenziamento ed esubero. Il trionfo del mal comune mezzo gaudio, che prelude, tuttavia, ad un ulteriore calo di reddito, del consumo ed all’avvitamento della recessione.
E anche sulla questione della spinta verso gli esuberi dei dipendenti l’improvvisazione viene a galla in tutta la sua evidenza. Sin dalla presentazione del disegno di legge Fornero, il Ministro della Funzione Pubblica si era affrettato ad affermare che non vi sarebbero state conseguenze sul lavoro pubblico. Alcuni, compreso chi scrive, avevano fatto sommessamente notare all’inquilino di Palazzo Vidoni che l’articolo 33 del d.lgs 165/2001 è una disciplina che determina licenziamenti per ragioni finanziarie, del tutto simile alle ragioni economiche che nel privato possono portare al licenziamento ed a conseguente applicazione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Il Ministro, pur di non sentire ragioni, ha anche stipulato con i sindacati un accordo il 3 maggio scorso, finalizzato proprio ad estraniare la pubblica amministrazione dai processi di esubero e dall’applicazione dell’articolo 18, suscitando, dopo qualche giorno, le furie del Ministro Fornero. Risultato? La manovra spinge a determinare l’esubero non si sa bene di quanti dipendenti pubblici, circa 7500 dati per certi nelle amministrazioni, forse 20.000 per le società a totale partecipazione degli enti locali, destinate a chiudere, non si sa quanti dei 56.000 delle province rimaste praticamente senza competenze, e ancor meno nota è la cifra dei dipendenti di regioni e comuni, che dovranno fare i conti, per fissare le proprie dotazioni organiche, con parametri standard medi (che da 5 anni il d.l. 112/2008 impone, senza che sia mai stato mosso un dito).
Altra “ideona”, sempre e soltanto dettata dal latrato qualunquistico di chi sostiene che le “auto blu” siano troppe, è quella apparentemente riservata a diminuire del 50% i costi per la gestione e l’acquisto dell’odiato simbolo del “potere”. Ma, guardando meglio la norma si scopre che, nella logica dei tagli lineari e per nulla selettivi, non si colpiscono le vere auto blu, quelle cioè al servizio degli organi politici e degli altissimi dirigenti (con le quali ogni tanto qualcuno fa la spesa o le vacanze, tanto per capirsi), bensì l’intero parco auto. Per mostrare il trofeo alla folla, il Governo tagli allo stesso modo la macchinona di rappresentanza, come l’utilitaria usata dai messi comunali per le notifiche, dagli infermieri per gli spostamenti tra sedi, dai tecnici per recarsi nei cantieri, dagli assistenti sociali per l’assistenza domiciliare.
In questo modo si pensa di incrementare l’efficienza della pubblica amministrazione? La spending review è una cosa troppo seria, infatti è di provenienza anglo sassone ed è assolutamente diversa per impostazione. Serve a determinare quali spese sono prioritarie rispetto ad altre. Tra taglio delle auto blu e riduzione dei buoni pasto a 7 euro (per rendere più digeribile la manovra alla folla ammansita dagli epigoni di Stella e Rizzo sarebbe stato meglio abolite del tutto il buono paso agli odiati “statali”) si risparmiano, forse, 52 milioni. Meno di due aerei caccia F35, che ne costano 70.
Ma, questa è la “spending review” de noantri con la quale fare i conti. E speriamo di farli un po’ meglio. Perché il decreto nemmeno ottiene l’obiettivo primario, evitare l’incremento di 2 punti dell’Iva, che non scompare, ma viene rinviato al giugno del 2013.
Spending review e sanità: 3 miliardi di tagli e 18mila letti a rischio
I punti della manovra nella sanità: agli per 3 miliardi di euro per il fondo sanitario nazionale e 18mila posti letto che già nel 2012 dovrebbero sparire. I piccoli ospedali, per ora, sono salvi.
E’ il tasto più delicato della spending review. Tagliare con l’obiettivo di rendere più efficiente, nell’opinione pubblica, è un concetto accettato senza troppe resistenze: ma quando si parla di sanità, far coincidere la diminuzione di risorse a un miglioramento dell’erogazione del servizio, è dura a dirsi. E, soprattutto, a credersi. Ecco perché la paventata chiusura dei cosiddetti mini-ospedali ha lanciato l’allarme per molti italiani, soprattutto in quelle località distanti dai grandi centri urbani, che vedevano i loro presidi sanitari messi in pericolo dalla spending review. Con l’ufficialità delle misure contenute nel decreto approvato dal Consiglio dei Ministri, però, la chiusura dei nosocomi sotto osservazione è, perlomeno, stata sventata. Questo, nonostante i 3 miliardi di euro in meno a disposizione del fondo sanitario nazionale e l’altra nota dolente, i 18mila posti letto che già nel 2012 dovrebbero sparire dalle stanze degli ospedali.
Quattro le direttrici su cui si muove la spending review sanitaria: condizioni di acquisto e fornitura di beni e servizi, spesa per i farmaci, spesa per dispositivi medici e acquisto di prestazioni sanitarie da soggetti privati accreditati.
Sulle condizioni di acquisto e fornitura di beni e servizi, si prevede anzitutto la rideterminazione degli importi e delle prestazioni previsti nei singoli contratti di fornitura nella misura del 5%, a decorrere dall’entrata in vigore del decreto legge e per tutta la durata del contratto. Le centrali di acquisto saranno obbligate a tenere conto nei nuovi contratti dei prezzi di riferimento che via via l’Autorità di controllo sui contratti pubblici renderà noti e disponibili. Dovranno essere rinegoziati, comunque, anche i contratti già stipulati: per scostamenti superiori al 20% rispetto al prezzo di riferimento, l’autorità pubblica avrà facoltà di recedere dall’accordo.
Il secondo capitolo è la spesa per farmaci: per il 2012 è previsto un aumento dello sconto obbligatorio che le farmacie e le aziende farmaceutiche praticano nei confronti del Servizio sanitario nazionale. Lo sconto passa, per le farmacie, da 1,82% a 3,85% ed è variabile, a partire dall’entrata in vigore del decreto, per il 2012, 2013, e 2014. Per le aziende farmaceutiche lo sconto passa da 1,83% a 6,5%, per il solo anno 2012, a partire dall’entrata in vigore del decreto. Per gli anni successivi la revisione della spesa viene operata tramite una ridefinizione delle regole che prevedono un tetto di spesa sia per la farmaceutica convenzionata territoriale che per la farmaceutica ospedaliera. Per la farmaceutica territoriale viene individuato un nuovo tetto di spesa pari all’11,5% (rispetto al precedente 13,3%). Per la farmaceutica ospedaliera il nuovo tetto è del 3,2% (rispetto al precedente 2,4%). Nel caso di sfondamento del tetto della farmaceutica territoriale viene confermato il meccanismo di ripiano a carico della filiera farmaceutica (aziende, grossisti, farmacisti); per lo sfondamento della spesa farmaceutica ospedaliera, che fino ad oggi e’ stato tutto a carico delle Regioni, viene introdotto un meccanismo di ripiano che pone a carico delle aziende farmaceutiche il 50% del totale.
Per quanto riguarda la spesa per dispositivi medici, per il solo secondo semestre 2012 viene previsto un abbattimento del 5% degli importi e dei volumi di fornitura. Mentre nel 2013 la revisione della spesa viene realizzata tramite la fissazione di un tetto di spesa pari al 4,8% per tali dispositivi. Le Regioni sono chiamate a garantire tale tetto di spesa sia attraverso l’utilizzo dei prezzi di riferimento, sia attraverso interventi di razionalizzazione nella fase di acquisto, immagazzinamento e utilizzo degli stessi nelle attivita’ assistenziali.
Infine sull’acquisto di prestazioni sanitarie da soggetti privati accreditati, la misura prevista consiste in una riduzione del budget assegnato alle singole strutture pari all’1% per il 2012 e al 2% per il 2013, rispetto al budget 2011.
Il ministro della Salute Renato Balduzzi, ha spiegato che “tagli lineari ci saranno in parte nel 2012, ma dal 2013 non lo saranno più perché ci saranno i prezzi di riferimento”. Intanto, però, le prime stime degli effetti contenuti nella spending review della salute, parlano di circa 4 mila posti letto a rischio già nei prossimi mesi. Si spinge oltre la Cgil, portando il conto a 80mila. Certo è che, entro la fine di novembre, dovrà essere raggiunto lo standard di 3,7 posti letto per 1000 abitanti, che dovrebbe cancellare un totale di 18 mila posti letto.
Quattro le direttrici su cui si muove la spending review sanitaria: condizioni di acquisto e fornitura di beni e servizi, spesa per i farmaci, spesa per dispositivi medici e acquisto di prestazioni sanitarie da soggetti privati accreditati.
Sulle condizioni di acquisto e fornitura di beni e servizi, si prevede anzitutto la rideterminazione degli importi e delle prestazioni previsti nei singoli contratti di fornitura nella misura del 5%, a decorrere dall’entrata in vigore del decreto legge e per tutta la durata del contratto. Le centrali di acquisto saranno obbligate a tenere conto nei nuovi contratti dei prezzi di riferimento che via via l’Autorità di controllo sui contratti pubblici renderà noti e disponibili. Dovranno essere rinegoziati, comunque, anche i contratti già stipulati: per scostamenti superiori al 20% rispetto al prezzo di riferimento, l’autorità pubblica avrà facoltà di recedere dall’accordo.
Il secondo capitolo è la spesa per farmaci: per il 2012 è previsto un aumento dello sconto obbligatorio che le farmacie e le aziende farmaceutiche praticano nei confronti del Servizio sanitario nazionale. Lo sconto passa, per le farmacie, da 1,82% a 3,85% ed è variabile, a partire dall’entrata in vigore del decreto, per il 2012, 2013, e 2014. Per le aziende farmaceutiche lo sconto passa da 1,83% a 6,5%, per il solo anno 2012, a partire dall’entrata in vigore del decreto. Per gli anni successivi la revisione della spesa viene operata tramite una ridefinizione delle regole che prevedono un tetto di spesa sia per la farmaceutica convenzionata territoriale che per la farmaceutica ospedaliera. Per la farmaceutica territoriale viene individuato un nuovo tetto di spesa pari all’11,5% (rispetto al precedente 13,3%). Per la farmaceutica ospedaliera il nuovo tetto è del 3,2% (rispetto al precedente 2,4%). Nel caso di sfondamento del tetto della farmaceutica territoriale viene confermato il meccanismo di ripiano a carico della filiera farmaceutica (aziende, grossisti, farmacisti); per lo sfondamento della spesa farmaceutica ospedaliera, che fino ad oggi e’ stato tutto a carico delle Regioni, viene introdotto un meccanismo di ripiano che pone a carico delle aziende farmaceutiche il 50% del totale.
Per quanto riguarda la spesa per dispositivi medici, per il solo secondo semestre 2012 viene previsto un abbattimento del 5% degli importi e dei volumi di fornitura. Mentre nel 2013 la revisione della spesa viene realizzata tramite la fissazione di un tetto di spesa pari al 4,8% per tali dispositivi. Le Regioni sono chiamate a garantire tale tetto di spesa sia attraverso l’utilizzo dei prezzi di riferimento, sia attraverso interventi di razionalizzazione nella fase di acquisto, immagazzinamento e utilizzo degli stessi nelle attivita’ assistenziali.
Infine sull’acquisto di prestazioni sanitarie da soggetti privati accreditati, la misura prevista consiste in una riduzione del budget assegnato alle singole strutture pari all’1% per il 2012 e al 2% per il 2013, rispetto al budget 2011.
Il ministro della Salute Renato Balduzzi, ha spiegato che “tagli lineari ci saranno in parte nel 2012, ma dal 2013 non lo saranno più perché ci saranno i prezzi di riferimento”. Intanto, però, le prime stime degli effetti contenuti nella spending review della salute, parlano di circa 4 mila posti letto a rischio già nei prossimi mesi. Si spinge oltre la Cgil, portando il conto a 80mila. Certo è che, entro la fine di novembre, dovrà essere raggiunto lo standard di 3,7 posti letto per 1000 abitanti, che dovrebbe cancellare un totale di 18 mila posti letto.
tratto da : leggi oggi
Spending review, Squinzi e Camusso: “Evitare la macelleria sociale”
In un faccia a faccia prima la leader della Cgil dice che i provvedimenti del governo "tagliano orizzontalmente tutto: sanità, personale, amministrazioni pubbliche". Poi il presidente di Confindustria conferma: "Di quello che ho sentito dire dalla segretaria condivido tutto". E apre alla patrimoniale
No alla macelleria sociale. Giorgio Squinzi, il presidente di Confindustria, continua a sostenere la spending review varata due notti fa dal governo, ma intervenendo durante un faccia a faccia con la segretaria della Cgil a Serravalle Pistoiese spiazza tutti: “Per la verità di quello che ho sentito dire dalla segretaria Camusso condivido tutto”. “Non è una seria accetta che interviene su sprechi e problemi”, aveva detto tra l’altro la Camusso, ma è una manovra “che deve fare cassa e taglia orizzontalmente su tutto”.Camusso: “Sciopero? Dipende”. La leader del sindacato ha aggiunto di non poter escludere “di fare nel mese di luglio una grande iniziativa sul tema della sanità”. A chi le ha chiesto della possibilità di uno sciopero ha risposto: “Dipende”. Sulla spending review “abbiamo iniziato la mobilitazione – ha aggiunto Camusso – ma sentiamo l’esigenza di una iniziativa generale perché se non si comincia a creare lavoro cominciamo a precipitare”. Secondo la Camusso, infatti, “noi non abbiamo mai opposto un’idea contraria alla spending review” che significa “tagliare dove la spesa non è necessaria”. Ma il provvedimento dell’esecutivo, sottolinea la Camusso ”di spending review non si tratta, si tratta in gran parte di tagli lineari a sanità, personale, amministrazioni pubbliche. Non è una accetta che interviene dove ci sono sprechi o problemi, ma che, per fare rapidamente cassa, taglia orizzontalmente tutto”. ”Tredici di tagli alla sanità in 4 anni – ha concluso – vuole dire tagliare le prestazioni ai cittadini. Anche per questo non siamo d’accordo”.
Squinzi: “Evitare la macelleria sociale”. “Dobbiamo evitare la macelleria sociale” ha poi aggiunto Squinzi. Il presidente degli industriali ha detto che su questo punto è in linea con la leader della Cgil: “Di quello che ha detto io condivido praticamente tutto”. Squinzi ha sottolineato che tuttavia la spending review, come aveva già sottolineato nei giorni scorsi, “è un primo passo perchè Monti ci ha detto che l’obiettivo era il posticipo dell’aumento dell’Iva, fondi ai terremotati e gli esodati. Le motivazioni vanno nella direzione giusta”, “questo – ha aggiunto – deve essere considerato un primo intervento ma c’è fare ancora moltissimo”. ”Abbiamo vissuto 30 anni da cicale – ha osservato Squinzi – ora dobbiamo iniziare a pensare da formiche”.
Il presidente di Confindustria va oltre ed apre alla patrimoniale, anche se solo “se fossimo in emergenza”. Per Squinzi, però, la patrimoniale non dovrebbe pesare sulle imprese. “Comunque – ha aggiunto- la patrimoniale l’abbiamo già, è l’Imu, è una patrimoniale che pagano tutti”. Squinzi ha aggiunto che “bisogna considerare la Tobin Tax a livello europeo”.
link video : http://www.youtube.com/watch?v=tPJWHUyoQDI
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